San Leonardo Murialdo   

La vita

La "storia" di san Leonardo Murialdo è semplice,
non ha misteri, non ha avventure:
si svolge in un corso relativamente tranquillo,
in mezzo a luoghi, a persone, a fatti ben conosciuti;
è un nostro fratello,
un uomo mite e gentile,
un sacerdote pio ed esemplare,
un fondatore saggio e laborioso,
che ha offerto la sua amorosa, positiva, paziente,
disinteressata assistenza ai figli del popolo,
li ha circondati di comprensione,
di affezione, di istruzione, di amore;
ha loro spianato la via per la loro elevazione sociale...
Fu un uomo "straordinario", ma nell'ordinario...
La storia del Murialdo
è un appello anche per noi per animarci ad un impegno di vita
nella prospettiva del "Vangelo della carità".

Paolo VI

SAN LEONARDO MURIALDO
Torino 1828-1900
Educatore dei giovani, apostolo della classe operaia, del laicato cattolico militante, della scuola, della buona stampa. Nel 1873 fondò la Congregazione di San Giuseppe.
- Giuseppini del Murialdo -
Via Belvedere Montello, 77- 00166 Roma


Nacqui a Torino il 26 Ottobre 1828...

Dio mi ha amato di amore eterno,
Dio mi ha attirato a se con misericordia!
Fin dalla nascita mi colmò dei suoi benefici.
Ha voluto che entrassi nel mondo fra popolazione cattolica
e che, giunto all'età della ragione,
fossi educato nella religione cristiana.
Nacqui a Torino il 26 ottobre 1828.
La mia famiglia era stimata e godeva di una certa agiatezza:
mio padre era un onesto agente di cambio, cattolico praticante; mia madre era pia, esemplare, molto affezionata ai figli:
era un angelo!
Quanto sono riconoscente a Dio di avermi fatto nascere in Italia, a Torino, nella città del Santo Sacramento,
della Madonna della Consolata,
nella città di tante opere benefiche,
di tanti uomini piissimi e santi, e di generosi patrioti...
Quanto ti amo, mia Torino.


Torino in una fotografia della fine del secolo scorso.

Leonardo Murialdo nasce a Torino il 26 ottobre 1828. La sua è una famiglia agiata, unita, profondamente cristiana. Ha un fratello, Emesto e cinque sorelle; un'altra sorella era morta piccina, ed una settima nascerà dopo 15 mesi.
Nel 1833 gli muore il padre. Quando Nadino (così lo chiamano in casa) ha otto anni, la madre, Teresa Rho, lo invia in collegio, assieme ad Ernesto, presso i padri Scolopi a Savona. È un modo per provvedere adeguatamente alla sua formazione scolastica e religiosa, e per irrobustire, col clima marino, la sua costituzione fisica un po' gracile.



Io fuggivo Dio, ed egli mi rincorreva

Fin da fanciullo il mio animo era inclinato alla virtù, dotato di una certa sensibilità favorevole alla pietà. La mia intelligenza era sufficiente per una buona riuscita negli studi. La mia salute era gracile e, forse anche per questo motivo, ma soprattutto perché fossi educato cristianamente, ad otto anni, mia madre si rassegnò a mandarmi nel collegio dei padri Scolopi a Savona. Da principio, in collegio, venivo proposto come esempio. A causa di ciò, alcuni cattivi compagni, cominciarono a guardarmi come beniamino dei superiori, a sospettarmi forse come spia. All'inizio lottai... Più tardi essi cominciarono a perseguitarmi. Allora ebbi la debolezza e la viltà di abbandonare il buon Dio per rispetto umano. Per paura della persecuzione mi decisi a comportarmi come i miei compagni cattivi e abbandonai Dio con una vita di peccati. La situazione divenne così difficile che decisi di uscire dal collegio, ma in tale situazione che non volevo più saperne di Dio... io fuggivo Dio, ed Egli, nella sua bontà, mi rincorreva, e mi costrinse a ritornare a Lui. Non soltanto Egli mi ammise di nuovo nella sua amicizia, ma mi chiamò ad una scelta di predilezione!


Leonardo, " Nadino " a circa otto anni, in un quadro ad olio.

Tra i 14 e i 15 anni Leonardo Murialdo attraversa un periodo di crisi difficile e dolorosa. Un gruppo di compagni lo prende in giro per il suo comportamento e per i suoi successi scolastici. È combattuto tra il desiderio di stare con i compagni, di essere accettato da loro, e quello di mantenersi "buono". Dopo una lunga lotta decide di fare come gli altri, anche a costo di rinunciare al bene e a Dio. Ma non può vivere a lungo così. Nel settembre del 1843 ritorna a Torino. Nell'affetto familiare, nel fervore dei nuovi studi (si era iscritto al biennio di filosofia) e nella gioia delle nuove amicizie la sua vita ricomincia dopo essersi accostato al Sacramento della penitenza.



Mi diedi tutto a Lui

Fanciullo sognavo di diventare un giorno ufficiale; in collegio progettavo di studiare diritto per darmi alla magistratura; durante il liceo pensavo di studiare le scienze matematiche perché vedevo che si avvicinava l’epoca della fortuna degli ingegneri, ma Dio mi scelse per sé, e mi condusse, passo passo, fino alla gloria del sacerdozio, fino al porto della vita religiosa.
Il 21 settembre 1851 ebbi la gioia di celebrare la prima Messa.
In quel giorno gustai la pace di un’anima consacrata a Dio e mi diedi tutto a lui.
Ah! Com’ero felice! Ma tra i parenti che mi facevano corona, non c’era mia madre. Ella era andata in paradiso.
Essere sacerdote! E’ una realtà ben grande: sacrificare Dio a Dio stesso, essere moltiplicatore di Dio, avere tra le mani la salvezza dell’universo intero!
Salvare il mondo, illuminare, evangelizzare, accendere l’amore di Di : ecco il sacerdote!
In ogni tempo, in ogni luogo, io posso costringere Dio a discendere dal ciielo e comandare a lui fino a trasformarsi in me.
Il giorno della mia consacrazione sacerdotale feci questo proposito: voglio essere un sacerdote pio, colto, difensore della madre Chiesa, coraggioso e prudente, pronto a tutti gli impegni, aperto a tutte le persone, testimone di Cristo e di Dio.


...e mi diedi tutto a lui...

Intanto il Murialdo comprende di essere chiamato al sacerdozio. Si iscrive alla facoltà di teologia dell’Università di torino. Nel 1850 si laurea e il 20 settembre 1851 è sacerdote.
Dalla sua crisi giovanile ne trarrà un insegnamento ed una esperienza fondamentale per la sua vita e la sua spiritualità: la consapevolezza della sua colpa e della sua debolezza, ma insieme la dolce certezza dell’amore misericordioso di Dio per lui e per ogni uomo.



Là voglio correre

Povere popolazioni operaie vengono agglomerandosi attorno alla città, nei borghi, senza chiesa e centri religiosi, senza scuole, in case malsane, nella miseria e spesso nel vizio.
Hanno lasciato la loro terra, il loro paese, illudendosi di trovare in città, il lavoro, il pane, l'avvenire sicuro.
Ed hanno trovato invece incertezza, disoccupazione, miseria, e stanno perdendo la fede. Non si possono abbandonare.
Si tratta di anime redente da Gesù Cristo con il suo sangue! Ovunque vi siano anime in pericolo, fratelli, giovani che soffrono, là voglio correre, pronto a tutto sacrificare, a tutto dare!
Il popolo vede bene, ascolta ed ama il sacerdote che sia uomo di Dio, che si interessi dei suoi figli, e si sacrifica per lui.
Quello dell'istruzione e dell'educazione cristiana della gioventù povera e dei figli del popolo è oggi il ministero dei ministeri e mezzo di grande santificazione.


Una veduta parziale di Torino verso il 1850 (disegno di Carlo Bossoli).
A destra del ponte sul Po si notano le basse casupole della località "Moschino".
Sono i luoghi del primo apostolato del Murialdo tra i ragazzi.

Egli spende i primi anni del suo sacerdozio nella catechesi dei ragazzi, nella predicazione, nel lavoro educativo nei primi oratori torinesi in favore della gioventù povera della periferia.
Quattordici anni di periferia segnano profondamente il suo spirito: conosce i poveri, legge nei loro occhi la volontà di Dio su di lui. I poveri diventano i suoi formatori: vivendo e parlando con loro verifica le sue idee giovanili; si forma una chiara coscienza sociale.
La periferia è come la scuola, come il banco di verifica della sua vita: soffitte, baracche, prigioni, ospedali, oratori, spazzacamini, orfani, giovani apprendisti senza alloggio...



Giocare... Imparare... Pregare

Considero una grande grazia del Signore avere iniziato il mio ministero sacerdotale negli oratori.
Moltiplichiamo gli oratori per far ritornare i ragazzi al catechismo e alla vita cristiana, così la gioventù crescerà morigerata e la società sarà salva.
Aprire un oratorio è chiudere una prigione.
Giocare, imparare, pregare: ecco l'oratorio.
Occupandoci dell' infanzia e dei poveri e degli operai, preserviamo tutta la loro vita da un triste destino.
Questo si fa nell'umile semplicità dell'oratorio.


Così si presentano i ragazzi del Murialdo: infagottati nei loro cenci di povertà, dimenticavano per pochi attimi la loro miseria, tutti presi dal gioco delle "monete".

Appena prete il Murialdo aiuta il cugino Roberto, cappellano reale, all'oratorio dell'Angelo Custode in Vanchiglia, un quartiere che mette paura un po' a tutti. E' un contatto diretto con la più grande miseria fisica e morale: cura i colerosi, apre una cucina per i poveri, si fa promotore per la costruzione di chiese...
Nel 1875 accetta la direzione dell'oratorio "S. Luigi" e si trova così a collaborare con don Bosco. Costruisce ed attrezza una scuola elementare diurna e serale, organizza la squadra di ginnastica, dà vita al teatrino e alla banda musicale. I poveri sono riservati. Il Murialdo li va a cercare; li visita nelle catapecchie, si dà da fare per procurare lavoro a domicilio per donne disoccupate. Al centro di tutto c'è sempre il suo impegno per la catechesi ai ragazzi, che richiama, lungo gli argini del Po; suonando un campanello.



Collegio degli Artigianelli

Uno dei benefici particolari che Dio mi ha fatto, benché io esitassi grandemente ad accettarlo, fu quello di chiamarmi al collegio degli Artigianelli istituzione improntata a quei caratteri di provvidenzialità che distinguono le opere di Dio.


TORINO - La sede del collegio Artigianelli in Corso Palestro.

Nell'autunno del 1865 il Murialdo si reca a Parigi per trascorrere un intero anno scolastico nel seminario di S. Sulpizio. Lì completa la sua formazione teologica e pastorale. Visita anche l'Europa del tempo, osservando e annotando le nuove esperienze che sorgevano in campo giovanile. Tornato a Torino egli accetta di diventare rettore del Collegio degli Artigianelli, una istituzione caritativa che si proponeva di assistere, educare cristianamente ed addestrare nel lavoro professionale ragazzi poveri ed abbandonati.
Dal dicembre 1866 fino alla morte il suo impegno principale è l'educazione di questi giovani poveri con iniziative e metodi pedagogici spesso di avanguardia.
Potenzia i laboratori del collegio, fino ad offrire 13 specializzazioni nel ramo professionale e dieci nel ramo agricolo nella colonia agricola di Rivoli.
La situazione finanziaria è preoccupante, per porvi riparo il Murialdo paga di suo finchè può e spesso si reca a chiedere l'elemosina alle porte delle chiese.



I "nostri" giovani

Quali sono i nostri giovani?
Poveri e abbandonati: ecco i due requisiti che costituiscono un giovane come uno dei nostri, e quanto più è povero e abbandonato, tanto più è dei nostri.
Noi dobbiamo cercare di accogliere i giovani che tutti rifiutano: cerchiamoli nelle prigioni, per le strade e sulle piazze, per farli buoni cristiani; per educarli con la scuola e dare loro un mestiere.
L 'educazione religiosa li fortificherà contro il male e l'ignoranza, l'istruzione scolastica darà ad essi il mezzo per elevarsi, il patronato e l'assistenza professionale assicurerà loro l' avvenire.
Ai bisogni nuovi occorrono opere nuove; occorre istituire opere per i giovani, più adatte alla loro mentalità, ai loro interessi, per attirarli e mantenerli perseveranti nel bene. Non dobbiamo essere troppo facili a stancarci, a disanimarci, a disperarci: raccogliendo giovani abbandonati dobbiamo aspettarci di trovare giovani segnati dall'ignoranza, dalla selvatichezza, dai vizi che nascono da uno stato di abbandono! Se necessario, sacrifica ogni altro ministero per consacrarti interamente a quello della gioventù operaia e degli strati più poveri e più umili del popolo.


Giochi di ragazzi di strada.

Nella sua attività educativa, il Murialdo cerca di creare agli "Artigianelli" un ambiente familiare, regolato dall'amicizia e dalla fiducia reciproca. Ha il massimo rispetto della personalità del ragazzo e del giovane. Richiede la loro collaborazione nel processo formativo. Li prepara professionalmente e culturalmente, ma soprattutto spiritualmente ad un impegno di vita e di testimonianza cristiana. Cerca di conoscere bene i ragazzi, la loro storia, le loro tendenze, le loro potenzialità. È paziente e sa aspettare, sempre con tanta fiducia.



Bisogna dare affetto ai giovani

Studiamoci di avere sempre, quando trattiamo con i giovani, un volto ilare, un tratto cortese, un parlare grazioso, affabile, affettuoso. Se non lo si fa per istinto, per natura, facciamolo di proposito, per impegno, anche per sforzo. Bisogna dare affetto ai giovani, creare un ambiente non di carcere, non di collegio, ma di famiglia; una casa-famiglia dove regnano la buona armonia e il buon umore anche nelle difficoltà! Quanto sarebbe desiderabile che si potesse introdurre, o almeno diffondere tra noi, lo spirito di dolcezza, di bontà, di familiarità, di pazienza con i giovani.
Sarebbe il segreto di fare un po' più di bene.
Mfetto di carità, non basta, occorre quello di amicizia!
Dolcezza e mansuetudine: specie con i più rozzi, brutti e difficili. Guardarsi dalle preferenze!
Usare grande giustizia. Se occorre essere larghi: siamolo qualche volta con i giovani disordinati quando mostrano di volersi correggere e fanno qualche sforzo.
E non rendere la religione o solamente soprannaturale o solamente umana, ma soprannaturale e umana. Alla virtù aggiungi la bontà, la dolcezza, lo spirito di amicizia, la naturalezza, la disinvoltura, la festevolezza...


Abbandonati a se stessi, i ragazzi dell'ottocento giocano malvestiti e scalzi per le vie cittadine.

Il Murialdo ama i giovani e per loro ha mille attenzioni, ed ognuno di essi si sente compreso ed amato dal Rettore, sempre gentile e affabile.
Le sue predilezioni, se si riesce a notarle, sono chiaramente per i più poveri, per coloro che meno riescono nello studio e nel lavoro, per i più difficili, per i più piccoli, in una parola per gli ultimi.
Il suo è un amore soprannaturale, alimentato da tanta preghiera e grandissimi sacrifici ed è ricambiato: tutti vedono in lui il "padre buono" e sanno approfittare delle occasioni opportune per dimostrargli affetto e riconoscenza. Bontà del cuore, affabilità, pazienza, cortesia, ilarità, sono i principali atteggiamenti che il Murialdo usa per "agganciare", per formare, per portare a Cristo, per salvare.



Siamo gli artigiani di Dio

L 'idea di fondare una congregazione religiosa non fu mia. Il mio vecchio confessore di S. Sulpizio, il padre Icard, mi consigliò di seguire le disposizioni della Provvidenza.
A lui feci l'obiezione che Dio per fondatore delle congregazioni ha sempre scelto dei santi. Egli mi rispose: «È una buona ragione per diventarlo».
L'approvazione dei vescovi mi diede la spinta decisiva: ed eccomi grazie a Dio, grazie al Buon Dio, eccomi religioso in una famiglia piccola, modesta, che vuole cooperare alla salute dei poverelli di Gesù e professa di vivere tra la porzione più bisognosa della gioventù, preferendo ancora i più poveri ai meno poveri.
Ad altri saranno riservate le grandi battaglie della parola e della scienza: a noi sono riservate quelle più silenziose, ma non meno efficaci, delle opere di carità, della dedizione nascosta e dell'umile zelo verso i giovani.
Andiamo in mezzo ai nostri fratelli operai e viviamo in mezzo a loro sospinti solo da un doppio amore: quello di Cristo e del popolo. Siamo gli artigiani di Dio, operiamo al suo servizio, e al servizio della Chiesa e della società. Siamo gli agricoltori del Signore: seminiamo a larghe mani opere nuove secondo i segni dei tempi e i nuovi bisogni delle anime, con ardimento di fede, di carità, di speranza.


Nel collegio Artigianelli. il Murialdo si trova a dirigere un gruppo di educatori i quali, prendendo esempio dalla famiglia di Nazaret, vivono come una famiglia umile, laboriosa ed unita. Essi hanno scelto S. Giuseppe come protettore.
Da questa associazione il Murialdo fonda la Congregazione di S. Giuseppe (19 marzo 1873).
Nella Congregazione continua a vivere il Murialdo: vivono le sue idee, cariche di sempre nuovi fermenti; vivono le sue opere, che molti, dopo di lui continuano; vive il suo esempio, capace di entusiasmare altri giovani a seguire la sua strada; vive una famiglia (i Giuseppini del Murialdo) che prima ancora di portarne il nome, vuole riassaporarne l'esperienza spirituale e lo slancio originale verso i giovani poveri.



Una ben unita famiglia

Collaboriamo tra di noi e facciamo collaborare i giovani stessi alla propria formazione. Se saranno uniti daremo alla nostra opera l'aspetto di una famiglia, i ragazzi si troveranno bene e non perderemo tempo ne sprecheremo fatiche.
Una ben unita famiglia:
uno il pensiero: desiderio di fare del bene a noi e ai giovani,
uno il cuore: la carità, ma per riuscire occorre l'unità di azione e di amicizia, non solo la concordia.
Uniti non tanto nel sistema, quanto nell'affetto di amicizia e nell'azione. Tutti i sistemi sono buoni, se ci sono affetto e concordia di azione. Nessun sistema è buono senza di essi.
Creare un ambiente di famiglia, dare responsabilità.
Buon accordo, armonia, concordia, cooperazione.
Buon umore: gente allegra, il Ciel I'aiuta, anche quando si è contrariati.


La prima foto del Murialdo al collegio Artigianelli, la festa di S. Giuseppe 1876, con un gruppo dei collaboratori e di giovani premiati.

Il Murialdo ama collaborare.
La collaborazione lo qualifica così tanto da non accorgersi che di molte opere sociali e religiose egli è persino il fondatore.
Collabora nelle "Conferenze di s. Vincenzo", collabora alle organizzazioni del mondo operaio cattolico e alla creazione di tutte le istituzioni, religiose, economiche, culturali attorno alle "Unioni Operaie Cattoliche", collabora a tutte le iniziative di "azione cattolica" e con l'"Opera dei Congressi".
Il Murialdo cerca collaboratori, soprattutto laici.
All'Oratorio S. Luigi organizza un cast di collaboratori laici che vanno dagli animatori del tempo libero ai maestri e ai sostenitori economici. AI collegio Artigianelli potenzia I'équipe di collaboratori che vi trova; invita i giovani migliori ad aiutarlo per educare i compagni; li raduna spesso per ascoltare, parlare, discutere, consigliare e, soprattutto, formare trasmettendo in essi il suo amore per la gioventù, la sua esperienza, le sue intuizioni.
È tra i primi ad impegnare anche le donne ad una collaborazione d'avanguardia, specie nel campo della buona stampa.



Onora Dio chi onora la natura

L'amicizia è un'eco del divino sulla terra e la testimonianza più sincera della presenza di Dio e della sua grazia nella vita dell'universo.
La natura è un libro di religione e di teologia. Tutto parla di Dio.
Dio tutto creò per amore, per bisogno di donarsi e di partecipare all'uomo la sua ricchezza infinita. La vastità e la potenza degli oceani e dei mari non sono che i riflessi della sua immensità e grandezza.
La bellezza e l'attività delle stelle non sono che veli del suo splendore divino.
Quale grande artista è Dio!
Lo spettacolo dei cieli, della terra, del mare, dei monti canta la sua gloria!
Tutti i fiori hanno un loro linguaggio: parlano col colore, con la loro bellezza e fragranza, e con la loro caducità!
Cosa cantate, o piccoli uccelli?
lo vi guardo con stupore e vi ascolto. È Dio che vi ha fatti così belli. I vostri canti teneri e dolci, tutti i giorni rendono omaggio a Dio. Onora Dio chi onora la natura e sa leggere parole e immagini divine nel libro della creazione.


 

Leonardo Murialdo cura i legami affettivi con la famiglia con frequenti visite e cordiale partecipazione a gioie e dolori.
Coltiva con fedeltà e delicata cordialità l'amicizia con sacerdoti e laici.
Nella sua attività educativa sogna di formare un ambiente familiare, regolato dall'amore e dalla comprensione reciproca.
Curioso di conoscere luoghi, persone e istituzioni, nei viaggi e nelle escursioni trova ispirazione e l'ambiente migliore per il suo amore per la contemplazione dell'universo e delle cose create.
Il mare esercita un grande fascino su di lui e ne sente una forte attrattiva: nella sua infinita libertà e nelle sue profondità ricerca e trova lo stesso Iddio. Altra grande passione del Murialdo è l'alpinismo: quello vero e proprio, nelle sue forme più audaci, ed in tempi in cui il salire sui monti è di pochi. Insieme con il fratello Ernesto fa ascensioni e traversate alpine molto impegnative ed ardimentose. Egli porta i suoi giovani ai monti e li addestra allo sport della montagna, poiché ne apprezza pregi e benefici, e soprattutto il potere formativo, come scuola di ardimento, di sacrificio e di generosità. Il nome dei due fratelli Murialdo, l'avvocato Ernesto e il sacerdote Leonardo, figura tra i duecento sottoscrittori dell' atto di fondazione del Club Alpino Italiano, nell'agosto del 1863.



E' maledetto quel lavoro che...

È maledetto quel lavoro che produce la ricchezza creando la miseria e che dà l'anima alla macchina e la toglie all'uomo.
Attorno alla nostra città è sorta una nuova industria retta da una sete sfrenata di guadagno, da una concorrenza senza principi morali. E intanto la popolazione operaia, che viene ogni giorno crescendo ed agglomerandosi nei borghi, non migliora la sua condizione sociale; vive nella miseria e in continua necessità, perdendo fede e costumi, alimentando in cuor suo sentimenti di odio e di ribellione verso la società tutta.
A bisogni nuovi occorrono opere nuove; opere che aiutino ed elevino la classe operaia.
I salari devono essere proporzionati alle esigenze di vita degli operai.
Il prezzo delle giornate lavorative deve essere tale che gli operai possano avere un tenore di vita sufficiente.
La questione sociale operaia e contadina esiste e va producendo scosse ed agitazioni...
Non si può chiudere gli occhi dinanzi alla miseria degli strati poveri e sofferenti...
Si richiede un'elevazione anche materiale e civile degli umili e dei diseredati.
L' officina senza luce umana e cristiana è la prigione moderna.
È nelle officine e nelle fabbriche che si commettono vere ingiustizie, che si sfruttano le forze, la salute e il lavoro degli operai, e prosperano l'odio di classe, la ribellione, I'irreligione, l'immoralità...
Noi ci consacrammo all'apostolato operaio sospinti dalla dignità umana e soprannaturale dell'operaio stesso e dai suoi destini eterni.
Ci interessiamo della sua vita, della sua salute, della sua istruzione, del suo lavoro, delle sue associazioni, del suo onore, dei suoi figli, della sua libertà, delle sue aspirazioni di giustizia, ma soprattutto della sua anima immortale.


Bambina al lavoro in una filanda.


I volti della fatica. L'interno di una fabbrica nel secolo scorso.

La metà del secolo scorso è il momento più duro per le famiglie operaie di Torino.
Vivono in affollate soffitte del centro, nelle casupole di Borgo Dora e di Vanchiglia.
Da trent'anni gli stipendi sono fermi, gli orari di lavoro al limite della sopportazione umana.
Immerso in questa realtà il Murialdo, ancora giovane prete, si fa le ossa e accumula quell'esperienza che gli sarà poi preziosa in iniziative di punta tra gli operai e i lavoratori dei campi.
Gli operai sono al centro dell'azione apostolica e sociale del Murialdo: in lui e nei suoi collaboratori essi trovano una voce che parla per loro ai padroni, alle autorità, ai governi.
"La voce dell'operaio" si chiama infatti il giornale fondato dal Murialdo: un giornale che costituisce un capitolo importante nella storia del movimento dei lavoratori italiani. Questo movimento ha il proprio centro propulsore nell'"Unione Operaia Cattolica", di cui il Murialdo è tra i fondatori.
Il suo nome è legato a realizzazioni di avanguardia come: Ufficio cattolico di collocamento al lavoro per operai disoccupati (1876), Giardino festivo per operai (dopolavoro) (1878), Cassa pensioni e previdenza per vecchi e infortunati sul lavoro (1879), Opera dei catechismi serali per giovani operai (1880), Lega del lavoro (1899)...



Fare dell'azione sociale

Per i cattolici moderni l'interessarsi della vita pubblica, fare dell'azione sociale, è dovere assoluto come cittadino, come credente e cristiano.
È tempo di rompere con la funesta tattica di relegare il cristianesimo all'ultimo posto del movimento sociale, come un convoglio di ambulanze dietro un' armata, per addolcire le miserie seminate lungo la strada dalle ingiustizie sociali.
Alla chiesa appartiene l'avanguardia del movimento.
A noi cattolici tocca mostrare che essa trova le risorse sufficienti per rispondere alle aspirazioni legittime dell'operaio, per soddisfare i suoi bisogni e per accordare la sua elevazione materiale con la salvezza dell'anima.
Una società senza Dio muore.
Oggi si cerca di separare la legge cristiana dalla vita pubblica e politica.
Chi non fa nulla per il bene pubblico e per il progresso generale della società non è un vero cattolico, né vero cittadino.
La democrazia è ascensione della massa popolare, degli umili, dei contadini, degli operai verso una maggior istruzione e moralità; verso una maggior distribuzione dei beni, verso una maggior partecipazione del popolo alla vita civile e pubblica, nella libertà e nella pace.


I membri del consiglio centrale del comitato promotore della Unione Operaia Cattolica di Torino ed i presidenti delle varie sezioni della città, all'epoca del 1° Congresso Operaio Cattolico (Torino, 1881). A destra del Murialdo è Pietro Marietti, a sinistra Paolo Pio Perazzo.

Il laico, di qualsiasi ceto sociale, può essere oggi un apostolo non meno del prete, e, per alcuni ambienti, più del prete.
Solo con l'attività dei laici e con le istituzioni operaie ispirate alla religione, alla carità, alla giustizia, al vicendevole aiuto potranno essere conservati e ricondotti a Dio gli operai.
Le donne cristiane abbiano ferma persuasione che in loro v'è grande forza latente e che bisogna profittarne fino in fondo di essa.
Ci vuole il coraggio di trarre il massimo profitto quando si tratta del bene. Dio, poi, concederà molti frutti al buon volere.
La donna può uscire dalla cerchia delle proprie pareti, anzi lo deve, poiche le spetta pure una missione nella Chiesa e nella società.
Gli ecclesiastici non debbono arrestarsi al solo servizio degli altari e delle chiese, ma debbono uscire di sagrestia, prestare una mano solerte a tutte quelle opere che giovano al miglioramento morale ed anche civile della società.
L 'unica salvezza della società è nell'unione della libertà con il cristianesimo.
L'avvenire è della democrazia: tocca a noi far sì che sia cristiana e non demagogica.


Il Murialdo, il Servo di Dio Paolo Pio Perazzo, Domenico Giraud, i fondatori, i primi artefici e redattori de "La Voce dell'Operaio": un mirabile terzetto di amici e di apostoli inseparabili. Per un trentennio sempre a fianco a fianco in ogni settore dell'azione religiosa, cattolica e sociale cristiana.

Gli anni del Murialdo sono quelli della nascita dell'azione cattolica e del sorgere di un movimento organizzato dei cattolici italiani.
Egli visse in pieno quella ricca e fervida stagione, ed è tra i primi a promuovere in Piemonte lo sviluppo del movimento cattolico. Nel 1871 collabora a preparare con un'intensa mole di lavoro il 1° Congresso Cattolico Piemontese: la riunione dei sacerdoti e dei laici più impegnati nell'apostolato sociale.
È presente nei congressi nazionali a Firenze (1875) e a Napoli (1883) dove ha un ruolo di primo piano nella commissione che si occupa della stampa.
In tempi in cui, secondo le direttive ufficiali, i cattolici non devono essere "né eletti né elettori", il Murialdo auspica e prepara la partecipazione dei cattolici alla vita politica, creando i "Comitati Elettorali Cattolici" e facendo crescere nei laici la coscienza del dovere di una presenza da cristiani nella società e nella politica.
Viaggia molto in Italia e in Francia, ma anche in Germania, Belgio, Inghilterra.
Partecipa ai grandi congressi francesi, in rappresentanza dei cattolici italiani, prendendo talora la parola per illustrare le sue esperienze; ma specialmente ascolta e poi porta nelle sue istituzioni il meglio di quanto ha visto e sentito dei movimenti cattolici.



Un buon libro è un buon apostolo

«Dimmi cosa leggi, e ti dirò chi sei», si. sente spesso affermare ed aggiungo: «e tl diro che pensi e che fai»!
Chi oggi non trema per l'avvenire dei giovani a causa della stampa irreligiosa, immorale, menzognera, che si diffonde ovunque?
La stampa è la prima potenza del secolo... Essa può trasformarsi nell'arma più micidiale contro la verità. Occorre "battezzarla" e renderla cristiana, e servirsene come mezzo di apostolato per rinnovare tutto in Cristo. I cattolici non possono ignorare e trascurare la stampa, arma onnipossente in difesa della nostra fede e della Chiesa, strumento di diffusione del vero progresso e della vera civiltà in mezzo al popolo. Volesse il cielo che i cattolici comprendessero la potenza della stampa! Uniamoci, concentriamo le forze ed adoperiamoci con ardore per la diffusione di libri, giornali, riviste, opuscoli, scritti con spirito cattolico; per la stampa di buoni libri, foglietti e trattatelli; per la fondazione di biblioteche circolari popolari...
Un buon libro è un apostolo. Abbandonarlo in uno scaffale è condannare un apostolo al silenzio.


 

In un tempo in cui le ideologie anarchiche cominciano a fare breccia nella società italiana, il Murialdo è tra i primi a capire l'importanza della stampa come strumento capace di dare dignità informativa, culturale e propagandistica ai cattolici. Ed è un giornale, "La voce dell'operaio", una delle più belle creature del Murialdo. Essa unisce in se due grandi passioni del Murialdo: la stampa e il mondo operaio. L'apostolato della stampa cattolica ha un posto privilegiato nel cuore del Murialdo. Fin dal 1871 egli fonda, con alcuni amici, la prima Biblioteca Circolare cattolica di Torino.
Quale membro del comitato regionale piemontese dell'Opera dei Congressi, segùe in particolare i problemi della stampa cattolica: libri, giornali, riviste, biblioteche, formazione della cultura cattolica, diffusione della buona stampa... Nel 1883 nasce l'"Associazione per la diffusione della buona stampa " con lo scopo di diffondere, per mezzo della carta stampata, una visione cristiana della vita. Essa vuole contribuire alla presenza del pensiero cristiano nella società. L'anno appresso fonda e dirige il bollettino "La buona stampa" e dà vita ai Comitati femminili della buona stampa, organizzazione fondata su una nuova presenza femminile.



La forza dell'uomo

Fra tutte le pratiche e i doveri della vita cristiana non ve ne è una più utile, più indispensabile, più necessaria della preghiera.
Se preghiamo Dio e lo preghiamo con le dovute disposizioni, Dio verrà in nostro soccorso, egli ci aiuterà a purificarci dai nostri peccati, a preservarci per l' avvenire da ogni colpa e a renderci suoi veri amanti.
L'orazione è quel gran mezzo che rende soave il giogo di Gesù e leggero il peso della sua legge; è il mezzo che ci procura la forza di vincere i nostri vizi, di acquistare ogni virtù, di ottenere la remissione dei nostri peccati, e che ci dona infine il paradiso.
Quanto a noi è indispensabile l'aria che respiriamo per poter vivere, altrettanto ci è necessaria la preghiera per vivere cristianamente e salvarci.
L'orazione è come i nervi del corpo: è l'anima, la forza dell'uomo. Noi siamo poveri, è vero! ma Dio è ricco, e Dio è generoso con chi lo chiama in aiuto; ed è così generoso che ci dona assai sempre più di quello che gli domandiamo.
L'uomo che prega è l'uomo più potente del mondo, perché con la preghiera ottiene di essere aiutato da Dio, si rende partecipe della potenza di Dio. La preghiera deve esser fatta con umiltà, con fiducia e confidenza di ottenere da Dio quanto si chiede


 

La giornata del Murialdo incomincia prestissimo in chiesa con la preghiera. Continua, con ritmo sfibrante, fino a tarda sera alle prese coi creditori nella ricerca di mezzi finanziari, nelle visite alle scuole e ai laboratori, nella preparazione dei giovani maestri.
Riceve quanti desiderano parlargli.
Svolge moltissime altre attività, al di fuori del collegio Artigianelli che dirige, nei vari campi del movimento militante, di quello sociale cristiano con opere, realizzazioni, iniziative, interventi a livello diocesano, regionale e nazionale.
Un'attività intensa e vasta che si sviluppa lungo diverse traiettorie e su diversi piani, non sempre in tempi successivi, di solito contemporaneamente e con ritmo crescente e a raggio sempre più largo.
Alla sera, qualsiasi altra persona si butterebbe sul letto, sfinita. Il Murialdo invece veglia, continua a lavorare: non più in direzione o in camera, ma in cappella. lnginocchiato di fronte all'altare, trascorre parecchie ore della notte a colloquio con il Signore.
Pur in mezzo a tanto "fare", che lo occupa e preoccupa, egli prega molto; di giorno e di notte, in chiesa e in camera, viaggiando e camminando, prega nella vita normale e in situazioni particolari. La preghiera: ecco il segreto (segreto per modo di dire) della sua vita, della sua santità.



Lasciamoci amare da Dio

Regna nel mondo uno scandalo, un errore, e sto per dire un'empietà, ed è che non si crede all'amore di Dio per noi.
Crediamo che quando si dice "amore" di Dio per l'uomo, questa non sia che una parola di uso, senza fondamento e senza verità.
L'amore non è amato perché non è conosciuto, non è creduto dagli uomini: se noi lo credessimo noi pure ameremmo Dio!
Dio mi ama di amore attuale, personale, infinito, misericordioso. Dio mi ama di un amore così grande, così perfetto che è identico a lui.
Ci ama ardentemente, spasima d'amore.
È morto, morirebbe di nuovo per noi.
Ci vuole amare per sempre.
Non ci ama perche noi siamo buoni, ma perche lui è "buono"; non ci ama per i nostri meriti, ma per i nostri bisogni.
Ci ama infinitamente... anche se peccatori.
Anch'io devo amare così. Tutta la religione sta nell'amore.
Amare Dio è un dovere. È felicità. È necessità per salvarsi.
Decidiamo di essere veramente amanti, ma teneri amanti, generosi amanti di Dio, amare Dio, far amare Dio, dare tutto per amare Dio, essere ostia di espiazione, dare mente, volontà, dare l'amore. Dare il tempo, dare l'eternità a Dio!
Amare Dio: abbandonarsi in lui, come un fanciullo che dorme sicuro in braccio alla madre sua...


Lasciamoci amare da Dio. Lasciamo che lui disponga della nostra vita, come vuole.
Quello che Dio dispone o anche solo permette, è il bene mio, anzi il meglio!

Il Murialdo crede in Dio-Amore. Ci crede con tutta la mente e tutto il cuore per averne fatto un'esperienza personale, poi approfondita nella preghiera.
Questa convinzione dà vita a tutto il suo apostolato e senso a tutta la sua vita. La sua fede in Dio-Amore si colora di fiducia nella Divina Provvidenza: una fiducia assoluta e filiale.
Questo rasserena il suo animo, nella convinzione profonda e sofferta dei suoi limiti e della propria miseria, e lo riempie di entusiasmo quando, conosciuto il progetto di Dio su di lui, impegna tutte le proprie energie e doti nella sua realizzazione.



Lasciamo fare a Dio

Non preoccupiamoci troppo dell'avvenire.
Siamo così abituati a vedere accadere tutto il contrario di quanto ognuno si aspettava, che non dobbiamo ormai aver paura di quanto sembra minacciarci.
Noi cristiani dobbiamo essere sempre contenti: ci può forse capitare cosa che Dio non voglia?
Lasciamo fare a Dio! Egli ci vuol più bene di quanto non ce ne vogliamo noi, e il nostro avvenire sta meglio nelle sue mani che nelle nostre.
La fede fa vedere Dio in tutto, anche nelle più piccole cose.
Essa ci dice che Dio ci ama, che egli non ci dimentica mai, che ci accompagna e ci guida sempre.
La mia anima non potrà mai avere calma e pace se non vivrò di fede.
La vita di fede fa grande la nostra vita. Essa fa sì che tutte le nostre azioni siano l'equivalente della vita eterna, e cioè di Dio eternamente posseduto.
E se sono fatte poi in adesione a Cristo, noi siamo talmente uniti a lui, che il Padre pone in noi le sue compiacenze.
Per vivere di fede occorre che l'intelligenza illuminata da Dio e la volontà mossa e sorretta dalla grazia pensi e voglia secondo le verità della fede.
Solo la vita di fede ci fa veramente figli di Dio, membra di Gesù, templi dello Spirito Santo e fa pensare, giudicare, agire secondo il punto di vista di Dio, lasciando all'anima la libertà dell'amore.
La vita di fede è una continua rivelazione di Dio, è una comunione con lui che continuamente si rinnova.
È un mondo di pace, di gioia, di amore che diventa un paradiso anticipato, benche coperto di tenebre.


 

La missione apostolica del Murialdo in favore della gioventù povera ed abbandonata, in campo sociale, della buona stampa e tra i lavoratori non trova molti incoraggiamenti. I suoi sacrifici, come le sue conquiste, generalmente sono ignorati, ed egli non è che si preoccupi tanto di pubblicizzarli o anche solo di renderli noti.
Il Murialdo non cerca onori e riconoscimenti, piuttosto li evita.
Dio ha il primo posto nella sua vita, e con Dio più che con gli uomini egli tratta i suoi progetti e le sue opere. Difficoltà, contraddizioni e contrattempi non lo fermano: sa prendere tutto con grande spirito di fede.
In un piccolo volumetto "Della vita di fede" egli trovò le idee più care al suo cuore, quelle che con tanto ardore diffonde e che sono l'anima ed il segreto della sua azione sacerdotale e apostolica.



Alziamo gli occhi a Maria

Quanto sarei lieto se io potessi accrescere in me e nei miei fratelli i sentimenti di gratitudine e di confidenza che tanto onorano e glorificano la tua bontà, cara madre Maria, e la tua potenza.
Tutti i milioni di grazie che ho ricevuto dal Signore nel corso della mia vita, mi sono stati ottenuti, nessuna eccettuata, dalla tua intercessione... Quanto deve essere grande la mia riconoscenza verso di te! Tutte le grazie che otterremo, e il paradiso, le otterremo per i meriti di Gesù Cristo, e per le preghiere di Maria.
Noi tutti sentiamo che quanto più amiamo la Vergine, altrettanto diviene più tenera e affettuosa la nostra devozione verso Gesù Cristo; e che reciprocamente quanto più cresciamo nell'amore di Gesù Cristo, tanto più profonda mette le radici nel nostro cuore la devozione alla Vergine Santissima.
Maria ci ama di un amore il più ardente, il più tenace, il più perfetto perche l'amore materno che ella nutre per noi non è opera della natura ma della grazia.
Se ella dunque tanto ci ama, riamiamola anche noi. Maria non si lascia vincere mai in amore!
Sia ella, dopo Gesù, tutta la nostra speranza.
In ogni necessità temporale o spirituale alziamo gli occhi a Maria, invochiamo Maria!


 

Il Murialdo ha una devozione costante, tenera e riconoscente alla Madre di Dio, invocata come "Mediatrice di grazia e Madre di misericordia". A lei guida i confratelli e i giovani ai quali raccomanda con particolare preferenza la recita del rosario.
Egli nutre una profonda devozione anche al Sacro Cuore di Gesù che scaturisce dal culto dell'Eucaristia. Prepara i giovani a celebrare la sua festa con tanta solennità e convinzione. Al Sacro Cuore dedica la prima e l'ultima opera che apre: la colonia agricola di Bruere nel 1878 e l'istituto di Modena nel 1900. Il coinvolgimento in situazioni di giovani emarginati, rafforza in lui la devozione e la fiducia in Maria madre della misericordia e mediatrice di tutte le grazie.



L'artigiano più santo

San Giuseppe: un personaggio semplice, tranquillo, silenzioso, soprattutto oscuro: mai una parola nel Vangelo. Maria gli presta la voce: «Tuo padre ed io ti cercavamo...». Sparisce dalla terra senza che si sappia come e quando.
Brilla agli occhi di Dio, degli angeli e degli uomini in ragione della sua oscurità.
Per trent'anni tenne nascosto il frumento degli eletti, Gesù. La sua casa è un misterioso tabernacolo; le sue braccia sono una pisside; il suo petto è una patena su cui Gesù dormiva; ma vegliava per noi.
Egli ci insegna come tener compagnia a Gesù:
come amarlo, accarezzarlo, pregarlo.
San Giuseppe è il "nostro" patrono: nelle nostre opere la maggioranza è di operai.
San Giuseppe fu l'artigiano più santo, dopo l'artigiano Dio, Gesù Cristo; lavorò molto, lavorò bene, in modo indefesso, attivo, secondo coscienza, leale, con purezza di intenzione.
Sempre con Gesù, in unione interna con lui!
Ebbe la missione di dirigere i primi passi di Gesù. Egli è protettore e maestro delle vocazioni...
Gli fu concesso il privilegio di spirare la benedetta anima sua nelle mani di Gesù e di Maria; e perciò diventò protettore della buona morte...
Siamo poveri: san Giuseppe provò le angustie e le umiliazioni della povertà.
È provato che chi ricorre a lui, stenterà, ma farà fronte agli impegni necessari.


 

Appena il Murialdo mette piede al collegio Artigianelli, incomincia a propagandare la devozione a san Giuseppe.
Col passare degli anni e col crescere delle difficoltà e dei problemi cresce anche il suo amore per il "Santo Artigiano di Nazaret" al quale ricorre spesso ed invita altri a farlo con la recita di ripetute novene.
Ha una fiducia semplice e filiale: sulla cassaforte del collegio, sempre vuota e quindi aperta, ha posto una statuetta di san Giuseppe, «perché - dice - veda che non c'è niente e quindi provveda». Assicura di non aver mai fatto una novena senza aver ottenuto prove tangibili del suo aiuto.



Amerò la Chiesa

Amerò la Chiesa, sposa di Cristo e mia tenera madre con amore fervido ed operativo.
L'amore del Papa è la tessera del vero cattolico.
Un centro comune di unione l'abbiamo: il Vangelo e l'insegnamento della Chiesa.
La nostra forza sarà in proporzione dell'obbedienza e della deferenza all'autorità ecclesiastica, perche di là scaturisce la nostra efficacia organizzativa e la nostra unione.
La nostra fede e il nostro amore alla Chiesa si dimostrano non solo quando domandiamo all'autorità una benedizione, che dia credito e pubblicità alle nostre opere, o quando lavoriamo di nostra iniziativa per essa, ma soprattutto quando dobbiamo accettare incarichi e responsabilità, e soffrire qualcosa a causa dell'autorità.
La nostra attività a vantaggio degli operai deve prendere impulso e direttive dal Papa, dai Vescovi, dalla gerarchia: solo così le nostre iniziative saranno benedette dal Signore e faranno del bene agli operai e al popolo. Uniti attorno al vessillo della Chiesa, i cattolici saluteranno con entusiasmo tutte le grandi conquiste del progresso e della civiltà nel campo della scienza, sul terreno delle arti, nell'ordine della natura, nella cerchia dell'industria e del commercio. Sentire, soffrire, operare con la Chiesa.
Noi ci consacriamo all'azione cattolica operaia e alla causa dei ceti popolari, ma i nostri maestri e le nostre guide, assegnateci dal divino Maestro, sono i Papi.


Stampa del 1875, appartenente alla collezione del Murialdo, in cui si raffigura la Chiesa, fondata sulla roccia e protetta da san Pietro.

Il Murialdo è sempre dalla parte del papa e crede nella necessità di essere fedeli e concordi con i progetti pastorali dei vescovi, inseriti nella chiesa locale. Adesione su tutti i fronti; dogmatico, morale, politico-religioso. Offre e suscita un impegno dinamico per scoprire "i segni dei tempi", per preparare interventi tempestivi ed adeguati. Forma personalità pronte a suggerire idee ed iniziative, ma disposte anche ad accogliere inviti alla prudenza ed alla gradualità. La chiesa e il Papa sono tutto per il Murialdo; ideali meravigliosi che vuole presenti e vivi nelle sue iniziative ed opere, nella congregazione da lui fondata e tra i suoi giovani.



Fare molto, fare bene

L'umiltà è la conoscenza di sè, grazie alla quale l'uomo diventa poca cosa ai suoi occhi; è la conoscenza della propria bassezza, la convinzione della propria povertà e dipendenza da Dio, per cui l'uomo conosce di non essere buono a nulla da se stesso.
L'umiltà è giustizia verso Dio; è sapienza: quanto più si avanza nella conoscenza tanto più ci si accorge di sapere poco e male.
La superbia è il vizio degli ignoranti.
Come senza la fede non si piace a Dio, senza dolcezza non si piace al prossimo.
A chi è dolce si perdonano molti difetti; a chi non è dolce poco giova ogni altra virtù.
Bisogna avere serenità di volto, accoglienza facile, tratto dolce; bisogna essere affettuosi, familiari...
Dolcezza nel parlare: tre "p": parlare poco, piano, pacatamente! Quando penso che tutti voi avete un destino così alto, così importante, che siete eterni, che sarete felicissimi o infelicissimi per sempre, mi sento impegnato a mettermi proprio di buon volere a fare quanto posso per aiutarvi in questa grande opera.
Il nostro programma è fare soprattutto degli onesti cittadini, e dei sinceri e franchi cristiani.
Animiamoci a fare molto e soprattutto a fare bene.


 

Il Murialdo considera l'umiltà virtù indispensabile. Egli la intende come un atteggiamento profondo dell'anima che si colloca davanti a Dio nella consapevolezza e nell'accettazione serena della propria realtà di creatura di fronte al Creatore, di salvato di fronte al Salvatore, di peccatore di fronte al Santo.
E da questa realtà scaturisce l'esigenza di un comportamento modesto, rispettoso e comprensivo con il prossimo, cioè di carità.
Carità: è la prima virtù del cristiano; è il comandamento proprio del Signore, quello dalla cui osservanza gli altri devono capire che siamo cristiani. Il Murialdo la sceglie come virtù caratteristica della sua congregazione, la pratica e la predica in particolare sotto l'aspetto della dolcezza, che chiama il fiore della carità.
Carità: ecco il "perche" della molteplice, impressionante, quasi incredibile attività sviluppata dal Murialdo.
Egli è sempre più acceso di zelo per la salvezza della anime, soprattutto dei giovani e dei lavoratori; e si dà per essi, instancabilmente, a creare e dirigere iniziative e istituzioni rispondenti ai bisogni dei tempi e delle persone.
Da tutto questo nascono una sua direttiva, vissuta e suggerita con insistenza: «facciamo il bene, facciamolo bene» (impegno, serietà, professionalità) e un motto: «facciamo e taciamo» che aveva adottato da don Cocchi, il fondatore del Collegio Artigianelli.



Sto aspettando

Leonardo Murialdo ha una capacità straordinaria di fare tanto, di farlo bene e di trovare anche il tempo, ed è abbondante, per approfondire la sua fede nella preghiera.
Ma anche la sua fibra robusta risente un ritmo di vita così alto ed impegnato.
Per tre volte è in pericolo di morte.
Una polmonite lo conduce alla tomba. Va incontro alla morte con pace e fiducia.
Su di un foglio che ha presso di sè scrive:
Com'è bello cadere nelle mani di Dio, morto per noi!
Ad un confratello che gli chiede un ricordo per i giovani:
Dite ai miei ragazzi che siano arcidevotissimi della Madonna!
Al dottore che gli domanda: «Come va, signor Rettore?»:
Sto aspettando!
La notte porta il Murialdo all'agonia e il mattino del 30 marzo 1900, venerdì prima della domenica di passione, viene Gesù morto per noi, a prendere la sua anima.
Tutta Torino si commuove: una folla fatta specialmente di poveri, di operai, di giovani, accorre:
«È morto il Murialdo: è morto un santo!».

1910: inizia il processo per la "beatificazione" di Leonardo Murialdo.
1961: è dichiarato "venerabile" da Giovanni XXIII.
1963: è proclamato "beato" il 3 novembre da Paolo VI.
1970: Leonardo Murialdo è solennemente iscritto nell'albo dei santi da Paolo VI, il 3 maggio.



Quale storia mio Dio!

Che cosa vedo nella mia vita?
Da un lato una catena ininterrotta di grazie le più singolari, i benefici più eletti da parte di Dio; dall'altro lato una catena non meno continua di peccati, di ingratitudini, di negligenze da parte mia.
Quale storia, mio Dio, è la storia delle tue misericordie e delle mie ingratitudini. Io non conosco altra storia o biografia in cui meglio risplenda l'incomprensibile gratuità dei doni di Dio.
Io desidererei che la Congregazione di san Giuseppe si impegnasse soprattutto a diffondere attorno a sè la conoscenza dell'amore personale che egli ha per ciascuno in particolare.
L'altra dottrina che vorrei si diffondesse è quella della mediazione universale di Maria. Creduta con fede viva, quale riconoscenza susciterebbe in noi verso Maria per tutte le grazie ricevute da Dio nell'ordine naturale e soprannaturale, e quale confidenza susciterebbe in Maria. Soprattutto quale riconoscenza, se noi sapessimo che siamo ancora qui, che non siamo all'inferno, perché Maria, Maria nostra madre, ci ha ottenuto la grazia.
Ah! grandezza di amore di Dio per me!
Ed io, che amore non dovrei aver per lui? Dovrei amarlo con amore infinito.
Ma io non posso avere un amore così grande; il mio cuore non ne è capace.
Tu mi ami, Signore, con tutto te stesso; e io, ti amo con tutto me stesso.
Ma tu sei infinito ed io sono tanto piccolo e assai limitato; ma colui che dona tutto, dona quello che può, e tu ne sei contento; io ti dono dunque, o mio Dio, tutto per tutto.


 

Il Murialdo ha lasciato un suo "testamento", non un testamento in senso stretto (ché solo debiti aveva da lasciare ai suoi confratelli) ma piuttosto la "storia di un'anima", l'itinerario di una vita spesa e "bruciata" per un intenso ideale.
Leggere il "Testamento spirituale" del Murialdo significa accostarsi al cuore di un santo, penetrare un poco nell'animo di un uomo innamorato di Dio e scoprire un raggio della grandezza della sua fede e della sua ansia di perfezione. E' ritrovare, in qualche modo, l'esperienza spirituale di ogni cristiano. Il messaggio del testamento è essenzialmente di carattere religioso: è una professione di fede in Dio per la sua «bontà e generosità», un grido di fiducia e di speranza in «Dio così buono, così paziente, così generoso».
Dio-Padre, Dio-Amore, Dio-misericordia, "Dio buono" che ama tutti, anche i peccatori, è il messaggio centrale del Testamento spirituale di san Leonardo Murialdo.



Incontrare il Murialdo oggi

Gli uomini del passto sono grandi non solo per quello che hanno fatto, ma anche per il fascino e la carica che riescono a trasmettere ad altri, dopo di loro.
Alla sua famiglia, la congregazione dei Giuseppini, il Murialdo ha trasmesso la sua esperienza, il suo carisma. Come S. Giuseppe, i Giuseppini, vogliono essere laboriosi e instancabili nell'amore, ma semplici ed umili nelle iniziative.
Essi seguono la chiamata di Dio ripercorrendo i passi del Murialdo: sanno che Dio li ama per primo, personalmente, in ogni istante;
sanno che il suo amore è infinito, tenero, misericordioso.
Entusiasmati da questa scoperta, i Giuseppini scelgono di rispondere all'amore di Dio con tutte le loro forze e con tutta la loro vita.
Come il Murialdo essi si propongono di portare questo amore a tutti quelli che incontrano, soprattutto ai giovani poveri e soli, a coloro che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro, agli operai delle fabbriche...
Eccoli allora al lavoro nelle scuole, nei centri di formazione professionale, negli oratori, nei centri giovanili, nelle fabbriche, nelle parrocchie, nelle missioni, nelle case famiglia e nei centri di accoglienza, accanto a chi, tra i giovani, ha più bisogno di amicizia e di solidarietà,. in Italia, Spagna, Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, Stati Uniti, Messico; nelle missioni del Napo, della Sierra Leone, della Guinea Bissau...
Essi sperano che tu, vedendoli, possa esclamare:
«Il Murialdo è vivo, io l'ho incontrato»!


 


 Crediti da: Vittorio Garuti, La “storia” di san Leonardo Murialdo; Libreria Editrice Murialdo , ROMA