Chiamati alla fede…
per far conoscere la verità
Il cammino che ci attende
«Grazia e pace
da Dio Padre
e da Cristo Gesù,
nostro salvatore» (Tito
1, 4).
1. Carissimi,
desidero salutarvi con le parole che l’apostolo Paolo
rivolge a Tito, suo «vero figlio nella fede comune». Prego il Signore – e voi
fatelo con me e per me – perché mi doni di poter condividere come Vescovo,
successore degli Apostoli, la missione e la passione di Paolo «servo di Dio,
apostolo di Gesù Cristo per chiamare alla fede gli eletti di Dio e per far
conoscere la verità che conduce alla pietà ed è fondata sulla speranza della
vita eterna… mediante la predicazione che è stata a me affidata per ordine di
Dio, nostro salvatore» (Tito 1, 1-3).
Sì, o Signore Gesù, custodisci sempre viva e forte in me
la coscienza del compito che mi affidi: «chiamare alla fede gli eletti di Dio»,
ossia tutti gli uomini, e «far conoscere la verità», quella che splende nelle
parole della rivelazione divina e che trova pienezza di luce in Te, Verità fatta
carne, quella che «conduce alla pietà» – a una vita buona e bella, religiosa –
e che è «fondata sulla speranza della vita eterna» e, dunque, che libera da
ogni forma di schiavitù e di disperazione e spalanca occhi e cuore alla gioia
della pienezza di vita in Dio.
Evangelizzare
e trasmettere la fede:
il “caso
serio” della Chiesa
Di questo compito tratta il documento che, con amore umile
e fiducioso, offro alla nostra Chiesa ambrosiana, per indicarle il cammino
spirituale e pastorale dei prossimi tre anni.
Che cosa è la
testimonianza e l’annuncio del Vangelo di Gesù se non un «chiamare alla fede» gli uomini e le donne che
incontriamo nel tessuto vivo e concreto delle nostre relazioni quotidiane, sia
nelle nostre diverse comunità, sia negli ambienti più vari della nostra vita
sociale? E il «chiamare alla fede» non è ordinato alla trasmissione della fede di generazione in generazione?
Che cosa è la missione
evangelizzatrice, che la Chiesa svolge nel corso della storia in obbedienza al comando
del Signore risorto, se non un «far
conoscere la verità» che è Gesù Cristo stesso, una verità destinata a
rinnovare radicalmente la vita dell’uomo, aprendola a Dio e alla comunione
d’amore e di vita con lui?
L’evangelizzazione è una missione non mai conclusa, sino a che, nel mondo, ci sarà anche un
solo spazio nel quale il Vangelo non è risuonato e una sola persona alla quale
il Vangelo non è stato ancora annunciato. È questa la consegna di Gesù risorto:
«Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Marco 16, 15)! È una missione permanente. Tocca anche il “qui
e ora” che stiamo vivendo: la nostra Chiesa ambrosiana e la nostra società
civile, il nostro tempo.
È una missione che coinvolge tutti, nessuno escluso. Li
coinvolge come destinatari – lo sono anche i credenti in Cristo – e, insieme,
come soggetti attivi e responsabili. Tutti i discepoli di Gesù, nella varietà e complementarietà dei doni e
delle responsabilità ricevuti dal Signore, sono in un certo senso «servi di
Dio» e «apostoli di Gesù Cristo».
2. In particolare,
la missione evangelizzatrice raggiunge tutti e ciascuno di noi e si dispiega
nel nostro “oggi”, nella trama fitta e complessa delle condizioni e situazioni
attuali, che intaccano, in termini profondamente nuovi, sconvolgenti e promettenti
a un tempo, il processo della comunicazione del Vangelo e della fede cristiana.
Siamo veramente di fronte non a una delle questioni
pastorali, sia pure importante o importantissima, ma alla questione centrale, in un certo senso unica e decisiva: l’evangelizzazione e la fede sono il “caso
serio” della Chiesa. Serio, perché senza Vangelo e senza fede non c’è
salvezza. Serio, perché oggi l’annuncio del Vangelo e la trasmissione della
fede si scontrano con difficoltà sociali e culturali in un certo senso inedite
rispetto al passato e, in qualche modo, – parrebbe di dover dire –
insormontabili.
Ci sono parole di Gesù che provocano in noi turbamento,
sgomento e persino stordimento. Come quella sua domanda, lasciata senza
risposta: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
(Luca 18, 8). E come quest’altra
parola: «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà
condannato» (Marco 16, 16).
Quest’ultima parola di Gesù risorto svela tutta la gravità, anzi la drammaticità della sfida pastorale che
la Chiesa è chiamata oggi ad affrontare. Nello stesso tempo, sollecita tutti i
credenti a un coraggio nuovo e a una passione missionaria più ardimentosa.
Li sollecita a impegnarsi, al limite delle forze, per “andare e predicare il
Vangelo” alle donne e agli uomini di oggi, nelle loro proprie condizioni di
vita e di cultura, coltivando la certezza che il Signore opera sempre insieme
con noi (cfr. Marco 16, 20).
Le parole di Gesù sembrano invocare ed esigere non un
semplice “supplemento” di missionarietà da parte della Chiesa e dei cristiani,
ma un “cambiamento” rapido e globale, come via per un rinnovamento profondo del
modo di trasmettere la fede alle nostre generazioni.
Di fronte al “caso serio” dell’evangelizzazione e trasmissione
della fede oggi, noi condividiamo la medesima preoccupazione – intessuta di
certezze e di dubbi, di speranze e paure, di risorse e difficoltà, di slanci e
ritardi – che tocca tutta la Chiesa nel
mondo, sollecitata con forza da Giovanni Paolo II a “prendere il largo”
(cfr. Luca 5, 4), a vivere un
«dinamismo nuovo», a muovere all’inizio del terzo millennio un passo che «deve
farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo», a intensificare la
spiritualità e la missionarietà per la «grande avventura dell’evangelizzazione»
(cfr. Novo millennio ineunte,
passim).
È la medesima preoccupazione sentita e vissuta, nel ritmo
alternato dell’entusiasmo e dell’affanno, dalle
Chiese di Dio che sono in Italia, impegnate, in questo primo decennio del
Duemila, a vivere gli “orientamenti pastorali” proposti dai Vescovi nel loro
documento Comunicare il Vangelo in un
mondo che cambia.
Condivide questa comune preoccupazione anche la nostra Chiesa di Milano, peraltro già
da anni intenta nel rinnovare il proprio slancio missionario nelle mutate
condizioni sociali e culturali. Lo testimoniano gli orientamenti dati dal
cardinale Carlo Maria Martini (cfr. Partenza
da Emmaus; Alzati, va’ a Ninive la
grande città; Lettera di
presentazione alla Diocesi del Sinodo 47°), lo spirito e il dettato del
nostro Sinodo, la dedizione quotidiana dei preti, delle persone consacrate, dei
laici, uomini e donne, nel vivere e comunicare il Vangelo oggi.
Un “Percorso pastorale diocesano” per il triennio
3.
Per quanto riguarda, in particolare, la Chiesa am-brosiana e la nostra
società, dopo l’ampia consultazione svolta – per i cui preziosi contributi dico
la mia sincera gratitudine –, presento ora il Percorso pastorale diocesano per il prossimo triennio (2003/2004 – 2004/2005 –
2005/2006) dal titolo Mi sarete
testimoni. Il volto missionario della Chiesa di Milano.
Pur nella validità od opportunità di altre denominazioni,
ho preferito quella di “percorso pastorale diocesano”, perché forse può
esprimere in modo più immediato l’intenzione e il senso del documento.
“Percorso” rimanda a un cammino. E questo si inserisce in una
storia già iniziata e di essa fa tesoro: la prosegue, la specifica per l’oggi e
ne ricerca le linee guida per il futuro che si intravede. Inoltre, il percorso,
in quanto cammino, comporta delle mete
verso cui orientarsi, delle tappe da
individuare, delle verifiche e riprese da attuare, del tempo da impiegare. Perché sia un
cammino e non una semplice successione di momenti, il percorso ha qualcosa di permanente, che attraversa l’intero
triennio, e, insieme, presenta una successione di impegni, con sottolineature
più particolari da riprendere, approfondendole e sviluppandole, di anno in anno in riferimento alle
diverse categorie di persone e/o ai diversi contenuti.
Il percorso si qualifica come “pastorale”. Non può non riferirsi alla fede e alla dottrina,
perché queste sono il principio sorgivo e ispiratore e la forza propulsiva per
l’azione pastorale. Ma vuole essere attento prioritariamente alla vita e all’azione della Chiesa e dei cristiani e, dunque, alle dimensioni
applicative e operative della missione evangelizzatrice.
Il percorso è chiamato “diocesano”,
per mettere in risalto che il cammino non è individuale, ma è
comune-comunitario-ecclesiale. È l’intera Chiesa locale-diocesana, in tutte le
sue articolazioni e nella diversità e reciprocità dei doni e compiti elargiti
dallo Spirito, che è chiamata a camminare, a camminare insieme: una testimonianza di comunione, questa, anche
come condizione di credibilità e come forza di efficacia per l’unica e indivisa
missione di annunciare e vivere il Vangelo. Questo esige da tutti i soggetti
pastorali – dagli organismi centrali della Diocesi alle parrocchie, dalle
diverse realtà aggregative alle famiglie, dai molteplici “operai del Vangelo”
alle singole persone –, da un lato, la condivisione
del cammino e di quanto in esso si va sperimentando e, dall’altro lato, l’accoglienza cordiale ed effettiva della
proposta autorevole del Vescovo. A quest’ultimo proposito, nel rivolgermi alla
nostra Chiesa ambrosiana, mi preme dire che sono sì maestro in ciò che prospetto per il cammino futuro. Ma, nello
stesso tempo, sono anche discepolo di
quanto vado dicendo: come tutti sono chiamato a rispondere con radicalità a ciò
che il Signore risorto e vivo, presente in mezzo a noi, chiede alla nostra
amatissima Chiesa. Insieme, pastore e
gregge, vogliamo avere orecchi e cuore per ascoltare ciò che lo Spirito
dice alle Chiese (cfr. Apocalisse 2,
7).
4. Ormai dovrebbe essere
chiaro il contenuto fondamentale del Percorso pastorale
diocesano: la testimonianza e l’annuncio del Vangelo, la trasmissione della
fede nelle attuali condizioni religiose della nostra Chiesa e società milanese.
L’itinerario si snoderà secondo alcune tappe destinate a specificare questo contenuto fondamentale
nei suoi aspetti più rilevanti e urgenti.
La prima tappa – Come mai questo tempo non sapete giudicarlo? – vuole sollecitare e
favorire un discernimento evangelico.
Consiste nel coltivare uno sguardo di fede e un impegno di vita nei riguardi
della situazione
storico-sociale-culturale-ecclesiale che stiamo vivendo e che racchiude in sé
una chiamata di Dio in ordine alla
comunicazione del Vangelo di Gesù. Anche per la fede, il nostro sarà sì tempo
di crisi; ma, insieme, è tempo ricco di opportunità, è «tempo favorevole» (2 Corinzi 6, 2).
La seconda tappa – Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente – si concentra su Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo,
unico, universale e necessario Salvatore dell’uomo e del mondo. Gesù stesso è
il Vangelo personale, che la Chiesa e
i credenti sono chiamati ad accogliere, a testimoniare e ad annunciare. Gesù è
il contenuto vivo della fede del
discepolo: una fede confessata
nell’ascolto della Parola, celebrata
nella comunione personale con il Corpo crocifisso e glorioso di Cristo e vissuta nella legge della carità e nella
forza dello Spirito. Sì, Gesù Cristo è il “cuore” dell’evangelizzazione e della
fede. Ma questa evangelizzazione può compiersi unicamente se scaturisce e viene
alimentata dalla contemplazione del volto di Cristo. Solo chi lo “vede”
sente la necessità e l’urgenza di “farlo vedere” agli altri.
La terza tappa – Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi – considera la Chiesa quale comunità dei credenti.
Gesù Cristo, con il dono dello Spirito, ama e si dona alla Chiesa sua Sposa e
suo Corpo. Così la salva e, nello stesso tempo, la costituisce sua
collaboratrice nell’opera di salvezza. Essa, per prima, riceve da Cristo il Vangelo e la fede e, a sua volta, predica il Vangelo e trasmette la fede agli uomini. Ma la
Chiesa, nella fedeltà che deve a Cristo suo Signore e nella creatività che le
infonde lo Spirito, come può e deve svolgere, nelle mutate condizioni attuali,
la sua missione evangelizzatrice? È un interrogativo che non può non scuotere
ogni comunità cristiana e ogni credente!
La quarta tappa – Fate questo in memoria di me – fa riferimento a un tempo e a una
celebrazione che sono fondamentali e qualificanti per la vita e la missione
della Chiesa: la domenica e la
celebrazione dell’Eucaristia. Di
fronte a una partecipazione settimanale alla Messa, che è ancora rilevante
nelle nostre comunità, e, soprattutto, di fronte ai grandi valori in gioco, ci
si deve seriamente interrogare sull’impegno delle comunità: a vivere la
domenica nella sua novità e originalità cristiana; a tenere alta la “qualità
celebrativa” dell’Eucaristia; ad assecondare con più convinta e decisa
responsabilità la “grazia missionaria” che scaturisce dalla Messa. Siamo qui al centro della vita e della missione
della Chiesa e del cristiano.
La quinta tappa – Chi crede e sarà battezzato… – af-fronta il problema pastorale che
nasce dalla richiesta dei sacramenti del
Battesimo, della Comunione, della Cre-sima e del Matrimonio. Tale richiesta
avviene oggi in un contesto nuovo o, comunque, notevolmente diverso rispetto al
passato. La comunità cristiana, infatti, registra una compresenza composita e
molto variegata di credenti e non credenti, di praticanti e non praticanti, di
indifferenti e ostili, eccetera. La Chiesa come può e deve evangelizzare e
trasmettere la fede in questa situazione inedita? Come lo può fare nel rispetto
della verità e della carità, salvando e promuovendo un cammino di fede autentica nel suo triplice e
unitario valore di Parola-Sacramento-vita? Proprio qui si fanno urgenti alcune
scelte pastorali sagge e coraggiose, nel segno della novità evangelica.
La sesta tappa – Voi siete il sale della terra – entra nel vivo della società di
oggi, nella quale l’essere cristiani e il vivere da cristiani sono messi a dura prova. Proprio dalle gravi
difficoltà in atto scaturisce l’appello a essere coerenti con quella originale
identità che Gesù Cristo – vero sale della terra e vera luce del mondo – dona
al cristiano. È una identità che lo abilita e lo chiama a rimanere pienamente immerso e partecipe delle
vicende culturali, economiche, sociali e politiche del mondo, ma coltivando uno
sguardo sempre vigile per riconoscere, testimoniare e servire l’assoluto del Regno di Dio. Ciò esige, soprattutto dai
fedeli laici e negli ambienti di vita sociale come spazi più immediati della
loro missionarietà, l’impegno a far
crescere la “qualità umana” della società, promuovendo la dignità di ogni
persona e operando per il bene comune. Solo così potranno assumere la più
grande sfida della società contemporanea: l’evangelizzazione
delle culture. Non è forse proprio nella vita della società che il “caso
serio” dell’evangelizzazione e della fede si presenta in tutta la sua gravità e
chiede la presenza e l’azione di cristiani nuovi, liberi e coraggiosi testimoni
di Cristo Signore?
La settima tappa – E come potranno credere… senza uno che lo annunzi? – si sofferma
sui molteplici ministeri, uffici e funzioni in atto nella Chiesa per l’annuncio del Vangelo e la trasmissione
della fede. È in chiave propriamente
missionaria che si devono rivisitare il posto e il compito dei fedeli
laici, delle persone consacrate, delle famiglie, degli operatori pastorali, dei
ministri ordinati, dei missionari “ad gentes”. Tutti, ma ciascuno con modalità
proprie e peculiari, sono chiamati a essere una rivelazione e realizzazione del
mistero della Chiesa che annuncia e dona Cristo all’uomo. Ma, per essere degni “operai del Vangelo”,
occorre riscoprire sempre la bellezza della vocazione
ricevuta e impegnarsi in una formazione
permanente, coltivando uno stile
missionario secondo il cuore del Signore Gesù.
Tutti “chiamati” e “mandati” dal Signore
5. È
l’ora di “affidare” questo Percorso pastorale diocesano a tutti, di “chiamare” tutti a
compierlo e a viverlo. La mia voce che chiama vorrebbe essere solo l’eco della
voce stessa di Cristo Signore. È lui, lui solo, che chiama e manda ad
annunciare il Vangelo con la vita e la parola: Mi sarete testimoni!
La chiamata del Signore, tramite la voce del Vescovo,
passa anche attraverso l’umiltà e la concretezza degli strumenti proposti. E “strumento” è questo documento. Proprio
perché “strumento”, esso trova senso e valore nel porsi al servizio del “caso
serio” dell’evangelizzazione e trasmissione della fede nelle attuali condizioni
sociali-culturali-ecclesiali. Trae, cioè, il suo senso e il suo valore dal “fine” che lo comanda, quello di
rinnovare lo slancio missionario della nostra Chiesa, di impegnarci tutti –
comunità, realtà aggregative, famiglie e singole persone – a rendere più
luminoso e affascinante il volto missionario della Chiesa di Milano.
È uno strumento “corposo”.
Tale è diventato per l’esigenza di offrire – a proposito dell’evangelizzazione
e trasmissione della fede – una visione
di insieme organica e, in qualche modo, completa, capace di indicare la direzione del cammino e, nel contempo,
la concretezza operativa, con
iniziative particolari e attenzioni specifiche. Lo è diventato anche perché
finalizzato a tracciare un percorso che ha la durata di un triennio. Così, la particolare “lunghezza” del testo
potrebbe essere benevolmente “scusata” o, meglio, razionalmente “giustificata”.
Senza dire che, intenzionalmente, il testo vorrebbe offrire pagine che si
prestano a uno studio vero e proprio,
a un fecondo dialogo o confronto pastorale, all’esposizione catechetica, alla meditazione e alla preghiera.
Ancora un desiderio da parte mia. Quanti leggeranno questo
documento non abbiano, come prima o unica, la preoccupazione di chiedersi: «Che
cosa dobbiamo fare?» (cfr. Atti 2,
37). La preoccupazione sia, anzitutto, quella di pensare e di pregare.
Riflettiamo con calma e meditiamo con amore su Gesù Cristo e sulla sua Chiesa,
sulla grazia del Vangelo e della fede, sulla nostra responsabilità missionaria
nelle condizioni di oggi. Soprattutto, spendiamo tempo per contemplare il volto
di Gesù, “il missionario del Padre”, e per pregare con intensità, così da poter
dire, come il profeta: «Eccomi, manda me» (Isaia
6, 8) e poter diventare veramente «servi inutili» nelle mani del Signore
(cfr. Luca 17, 10). Sì, perché ogni problema pastorale è culturale – e
più radicalmente spirituale – prima
che pastorale!
In questo senso, chiedo un impegno preciso perché si
possano cogliere tutti i contenuti e, ancor più, lo spirito di questo
documento. I primi mesi di questo anno
pastorale 2003-2004 – da settembre a
tutto gennaio – siano riservati a
momenti di attenta lettura e di meditazione orante del testo e alla sua
presentazione. Invito i presbiteri e tutti i responsabili dei diversi
organismi e ambiti pastorali a promuovere questi momenti di riflessione e di
assimilazione nelle singole comunità parrocchiali, nei diversi gruppi
ecclesiali, nei Consigli pastorali, e a promuovere momenti di ritiro spirituale
nei quali riprendere, in un’ottica di preghiera e di conversione, quanto il
Percorso pastorale diocesano a tutti propone.
Questa è la prima
iniziativa da realizzare! È questo il primo
passo del Percorso pastorale diocesano! È la condizione per poter compiere
secondo tutte le sue potenzialità il cammino che ci prefiggiamo. Avremo tempo
dopo per mettere in atto le singole indicazioni operative, che troveremo nel
testo, e per realizzare i cambiamenti pastorali che esso suggerisce e indica,
nel segno della conversione evangelica e missionaria.