camminare insieme Novembre 2006   


Ricordi cari che non dimentico

Nel mio breviario, il libro della preghiera dei preti, conservo qualche “Santino”. Sono molte queste immaginette, soprattutto dei miei sacerdoti, quelli che mi hanno aiutato a crescere nella mia vocazione. Conservo volentieri quelli dei miei parenti e di amici che il Signore ha già chiamato nel suo regno. Conservo con particolare affetto l’immaginetta del papà nel quale noi figli abbiamo scelto di riportare le sue ultime parole.

Mi commuovo ogni volta che le rileggo: ricche di fede, pronunciate dopo la celebrazione eucaristica nella sua stanza da letto: “Che soddisfazione vedervi tutti qui riuniti. Vogliatevi sempre bene”. E poi quel bacio alla mamma e “arrivederci in paradiso”. Grazie papà!

Ricordo la morte della mamma. Quanto affetto attorno a quel letto. I nipoti piccoli e grandi che facevano a gara per baciarla e il suo spegnersi dicendo: “grazie, Signore, per i 2 figli sacerdoti”. Grazie mamma!

Ricordo uno dei primi funerali da parroco. Conservo nitida l’immagine di 2 nipotini, allora piccoli, davanti alla nonna, composta in una bara grande, con il rosario tra le mani. La piccolina che bacia e ribacia la nonna e la più grandicella che dice convinta: “Il cuore di mia nonna è già in cielo”.
Nessun turbamento nei loro occhi: per noi adulti fu una lezione di vita.

I bimbi non hanno paura della morte. Siamo noi adulti a temerla.
La nostra epoca aborrisce la morte. Abbiamo paura di guardarla in faccia, di prenderla per mano.
Qualcuno parla di assurdità, un evento da vergognarsi. Per cui si sottrae la morte alla vista dei bambini e adulti, la si nasconde tra le mura dell’ospedale e dell’obitorio.

Un tempo gli ultimi momenti della vita erano vissuti tra le mura di casa: l’ammalato, l’anziano si spegnevano guardando gli oggetti sacri e le persone che li avevano accompagnati lungo tutta la vita e non mancava la Santa Unzione del sacerdote e il viatico. Oggi si muore nella corsia anonima d’un ospedale tra persone sconosciute. E poi un separè di tela garantisce l’intimità.

La stessa cremazione alle volte obbedisce alla logica consumistica della nostra società: tutto al più presto possibile, riducendo al minimo o cancellando le tracce della morte. Non era così un tempo, quando le ore che seguivano la morte erano scandite da molti riti: si componeva il corpo nella bara, lo si vegliava in preghiera, c’era l’obbligo di visitare il defunto. Erano riti che esprimevano il profondo rispetto per l’evento morte.

La morte resta un mistero immenso: non la fine ma la pienezza dell’esistenza.
Essa chiede all’uomo di mettersi in ascolto umile e sommesso, di non sfuggirla o di nasconderla, ma di ricercare il senso ultimo del vivere.

Un cristiano deve dire: “Signore, vivo nell’attesa; non deludere questa mia attesa”: non sono parole che ci estraniano dal mondo, ma che ci fanno vivere nel mondo, con uno stile diverso. Non soltanto “credo” la vita eterna, ma “aspetto”.

Don Guglielmo Cestonaro - Parroco
gcestonaro@murialdo.org









Appuntamento con il

Benvenuto al IX CPP

A seguito delle votazioni di sabato 28 ottobre e domenica 29 ottobre 2006 che hanno visto la partecipazione di circa 500 parrocchiani.

Sono stati eletti:
Concetta Ruta
Silvia Fontana
Emanuele Colombo
Gianni Ragazzi
Annamaria Cereda
Luca Confalonieri
Ezio Granata
Judith Raymond
Giacomo Boracchi
Donatella Bianchini
Pierpaolo Arcangioli
Giovanni Lauria
Franco Gallareto
Claudia Porreca
Sono membri di diritto
Il parroco
don Guglielmo Cestonaro
I vicari parrocchiali:
don Samuele Cortinovis
don Alberto Ferrero
don Modesto Sibona
don Silvio Tamani
Consacrati Suor Maria Carla Dadda
Presidente Azione Cattolica
Giovanna Oriani
Membro C.P. Diocesano
Franco Baccigaluppi

A breve saranno comunicati i nomi dei membri scelti dal Parroco.

Abbiamo vissuto un momento particolarmente importante e vitale della nostra comunità. Il rinnovo dei Consigli pastorali parrocchiali avviene in un contesto di dinamismo pastorale, vivacizzato e reso tale da numerosi interventi del Cardinale, che ci invita, a vivere il trinomio “comunione, collaborazione, corresponsabilità”.
Un sentito ringraziamento a quanti, in questa importante occasione, hanno dato la loro disponibilità e un caloroso benvenuto ai consiglieri eletti.
Lo Spirito Santo guidi e illumini il cammino del nuovo CPP per il bene della Comunità.

La Commissione Elettorale
Presidente Don Guglielmo Cestonaro
Segretario Franco Baccigaluppi
Scrutatore Giuliana Lucini
Scrutatore Angela Minoja
Scrutatore Marinella Pastori

Franco Baccigaluppi



Dov'è Abele tuo fratello?
(Gn 4, 1-16)

 



Caino e Abele

[1]Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». [2]Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.

[3]Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; [4]anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, [5]ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. [6]Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? [7]Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo». [8]Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. [9]Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». [10]Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! [11]Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. [12]Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». [13]Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono?
[14]Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». [15]Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato.
[16]Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.





Adamo ed Eva, cacciati dall’Eden, iniziano la loro vita, da una parte sotto il segno del peccato, dall’altra sotto quello della grazia di Dio perché stanno per dare origine a una discendenza numerosa. Caino è l’uomo che Eva ha formato con l’aiuto dell’eterno. Eva, generando un figlio, può sperimentare che la benedizione di Dio non è venuta meno; prende coscienza che la benedizione di Dio è operante proprio attraverso di lei che ha seguito il comando divino: crescete e moltiplicatevi.

Il nome Abele significa soffio, vanità. Questo nome, però, ricorre ben sette volte in pochi versetti, a indicare che la sua pienezza sta proprio in questa inconsistenza radicale, nel suo essere effimero. Pur nella sua fragilità, nel suo essere aggiunto, instaura la fraternità, fa di Caino un fratello.

Caino cresce considerando che Abele per Adamo ed Eva è un aggiunto, e per lui è una minaccia, un ostacolo. Abituato ad essere il primo dei due, quello che è salutato al suo apparire, non cresce nella relazione con Abele. Tutta la Bibbia porta molta attenzione al rapporto tra primogenito e secondogenito e ne fa un luogo della rivelazione dell’agire di Dio. Dio ama il più piccolo, il più povero, il più disprezzato.

L’uomo ha sempre offerto sacrifici a Dio, sa che a causa del suo peccato dovrebbe morire e al posto della sua vita offre un’altra vita, opera un transfert, una trasposizione. Ma perché Dio gradisce di più il sacrificio di Abele? Il versetto 4 andrebbe letto così: “Abele offrì se stesso ed i primogeniti…”. Abele non compie un rito che gli resta esteriore, ma implica se stesso nella propria offerta: per questo il suo sacrificio è gradito.

Caino si accende di gelosia; anche fisicamente: il viso fisso a terra come di uno che medita vendetta. Anche se Dio ha rigettato l’offerta di Caino, egli non ha rigettato totalmente l’uomo, anzi egli parla di una possibilità di salvezza. Possiamo vederlo al versetto 7, molto controverso nella traduzione, che però può essere così interpretato: “Non è forse vero che se tu fai il bene andrai a testa alta, mentre se operi il male, il peccato, il maligno è alla porta e il suo sforzo di conquista è presso di te”. Caino non comprende questa mano tesa e si immerge ancor più nel peccato. Nel movimento che ci porta a peccare noi entriamo in dialogo e in unione con un sentimento cattivo, acconsentiamo personalmente, e se questo si ripete genera una passione che ci asservisce, ma Dio ci dice: “Tu dominalo”. Caino non risponde a Dio; quando l’uomo non è più capace di parlare a Dio, non è più capace di parlare con il proprio fratello. Infatti Caino si pone al di sopra di Abele, si mostra superiore a lui, si sente più grande, lo sopraffà e lo uccide.

Quando Dio chiede conto egli scarica la sua responsabilità: “sono forse io il custode di mio fratello?”. Il significato vero di questa frase è: se non lo sono io lo sei tu, chiama in causa Dio. Con questo atteggiamento con cui scinde la propria responsabilità dal fratello si separa immediatamente da Dio.

Caino sperimenta l’inimicizia della terra: era coltivatore del suolo e ora è maledetto dal suolo e costretto a diventare errante; sperimenta l’inimicizia degli uomini: ha ucciso il fratello e ora ha paura che uccidano lui; sperimenta l’assenza di Dio: ha infranto la legge e ora reclama una legge che gli faccia sentire la protezione di Dio. Caino che non ha voluto essere il custode di Abele invoca Dio come suo custode e invoca il perdono. Dio spezza la catena di violenza che si può ingenerare da questi fatti e impone a Caino un segno. Come Dio aveva già mostrato misericordia nei confronti di Adamo ed Eva, ricoprendoli di pelli, così anche per Caino.

Questo testo ci presenta l’esperienza della fraternità, dell’altro che è mio fratello e ci interroga:

l’uomo può accettare l’alterità del fratello, dell’altro uomo?


Gabriella Francescutti



    



2 novembre commemorazione dei Defunti



Siete sempre con noi!


È giunto novembre, il mese in cui ricordiamo con maggior intensità i nostri cari defunti.

La primavera è lontana, ma tutti i cimiteri si trasformano in giardini fioriti proprio come in quella bella stagione. Un tripudio di colori e di profumi invade i luoghi dove riposano le spoglie delle persone che abbiamo amato e che ci hanno lasciato per tornare al Padre. Momenti di sofferenza, il dolore dell’addio, ricordi di una vita, a volte troppo breve, passata con tutti loro; ricordi affettuosi, sereni, esperienze condivise, problemi, tutto, tutto si trasforma in questi giorni in una preghiera silenziosa e personale. Ognuno di noi lascia parlare il suo cuore guardando quei nomi e quei volti tanto cari. Sistemare i fiori, accendere un lume, chinarsi ad accarezzare la foto, è come sentirli più vicini e presenti e, tutto ciò, ci dona conforto.

Ma, vicini a noi, lo sono sempre! In ogni momento possiamo continuare a dialogare con loro, in ogni momento essi ci ascoltano. “La vita non è tolta, ma trasformata”. Quante volte abbiamo ascoltato queste parole nella liturgia? E così noi crediamo perché ci fidiamo delle promesse di Cristo: “chi crede in me anche se muore vivrà”. Una vita donata da Dio, non può finire! Finisce la vita terrena, finisce il nostro cammino in questo mondo, ma inizia la vita fatta di luce e di gioia e i nostri cari, ora, sono nella gioia eterna. Quando il dolore è ancora forte, quando la nostalgia e il rimpianto sono grandi, pensiamo che ancora più grande è il dono della certezza di essere un giorno uniti di nuovo a loro in quella vita senza fine.

Passando tra quelle tombe non fermiamoci dunque al pensiero della morte ma guardiamo alla Risurrezione di Cristo. “Se siamo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con Lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di Lui” (Romani 6, 8-9).

Ricordiamo i nostri cari con serenità, cercando di mettere a buon frutto ciò che di bello e di buono ci hanno insegnato.
Padri, madri, figli, parenti o amici cari, portiamoli sempre nel nostro cuore e quando, allontanandoci dalla loro tomba, facciamo il segno della croce, accorgiamoci che siamo tutti, noi e loro, nell’unico grande abbraccio di Dio Amore.
Ricordiamo nelle nostre preghiere tutti i morti della nostra parrocchia, ma anche quelli sconosciuti, quelli dimenticati, quelli che sono morti senza poter chiedere perdono a Dio. Affidiamoli a Lui! La sua misericordia infinita raggiunge ogni uomo anche il più lontano è vicinissimo al suo cuore di Padre.


Fulvia Briasco


E ora il Convegno entri nelle parrocchie

La Chiesa Italiana si accinge a “metabolizzare” i temi toccati al Convegno di Verona, dove si è potuto ammirare “il volto pieno, bello della Chiesa Italiana”. Ora quei temi, gli affetti, il lavoro, il tempo del riposo, la fragilità, andranno sviscerati nei diversi ambienti.

Spero che qualche delegato milanese possa condividere con noi i temi trattati.

L’applauditissimo discorso di Benedetto XVI ha invitato i laici a portare nel mondo la speranza di Dio.
L’omelia del Papa sottolinea “le innumerevoli testimonianze dei martiri, santi e beati che hanno lasciato tracce indelebili in ogni angolo della bella penisola nella quale viviamo”, ma pone una questione forte alla Chiesa e ai cristiani: “noi siamo gli eredi di testimoni vittoriosi!”: ma ecco la domanda del Papa: che ne è della nostra fede? In che misura sappiamo noi oggi comunicarla?Occorre che la fede diventi la vita, occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del Cristianesimo, leva potente delle nostre certezze, vento che spazza ogni paura o indecisione, ogni dubbio e calcolo umano. Solo da Dio può venire il cambiamento decisivo del mondo”. Conclude il Papa: “In un mondo che cambia, il Vangelo non muta. La Buona Notizia resta sempre la stessa: Cristo è morto e risorto per la nostra salvezza! Portate nel mondo la speranza di Dio. E qui, alla fine, l’applausometro raggiunge quota 20.

Ho sentito qualche delegato milanese veramente entusiasta della esperienza veronese. Ho preso qualche appunto: “Ho fatto esperienza di una Chiesa ricca, impegnata in una molteplicità di fronti. Una Chiesa bella, autenticamente innamorata di Cristo. Ho raccolto un desiderio profondo di conoscersi, condividere esperienze, raccontarsi le fatiche, trovare insieme parole e modi per comunicare la speranza di Cristo all’uomo di oggi. Ho scoperto una Chiesa che si interroga, anche con sguardo critico. Che chiede a se stessa stili di vita coerenti, improntati alla sobrietà e all’accoglienza, all’ascolto e al servizio”.
Tre a giudizio di questi amici, le parole chiave: Centralità della Parrocchia, necessità di una pastorale integrata - preti e laici insieme - e bisogno di fare “rete”.


C.G.



“Giornata Missionaria Mondiale”

Messaggio di Benedetto XVI “la carita’, anima della missione”

Durante l’incontro diocesano con Don Cesena, in preparazione dell’ottobre missionario, ci è stato presentato il sussidio “La casa e la strada” dove la casa è la Gerusalemme celeste e la strada è la Bibbia che ci indica il percorso per arrivarvi: la missione del discepolo è la risposta al vivere con Dio, è il tentativo di vivere come Dio che ci vuole per strada, quasi come stranieri tra gli altri uomini, per portare a tutti il messaggio della sua paternità tenerissima a tutti.

Questa l’estrema sintesi di un discorso teologicamente ricco e interessante fattoci da Luca Moscatelli e in assoluta sintonia con il discorso del Papa per la giornata missionaria mondiale che a partire dal versetto di 1 Gv 4,7 “Chiunque ama è generato da Dio”, ci dice: “la carità è l’anima della missione. La missione se non è orientata dalla carità, se non scaturisce cioè da un profondo atto di amore divino, rischia di ridursi a mera attività filantropica o sociale. Per amare secondo Dio occorre vivere in Lui e di Lui: è Dio la prima casa dell’uomo e solo chi in Lui dimora brucia di un fuoco di divina carità in grado di incendiare il mondo”. Anche la nostra comunità parrocchiale durante il mese di ottobre ha voluto sostenere, soprattutto con la preghiera quotidiana del rosario, i missionari sparsi in tutto il mondo.

L’iniziativa “il cambio del pasto” ha coinvolto tutti i gruppi della catechesi ed è stata proposta agli adulti dopo le Messe di domenica 22 ottobre, ha fruttato 1.326,70 euro, aiuto prezioso per i missionari sparsi ovunque.

Grazie ai bimbi del catechismo che hanno colorato i sacchettini, ai ragazzi che ci hanno aiutato a riempirli di riso, a don Samuele, ai catechisti e ai giovani che hanno animato con il gruppo missionario questa iniziativa e a tutti quanti hanno voluto scambiare il loro pasto con quello del povero! Questo gesto ci aiuti a non dimenticare che, come cristiani, siamo chiamati a testimoniare l’amore del Padre ogni giorno, con speranza sulle strade della nostra vita quotidiana.


Daniela Gennari


Sui sentieri della Val Sangone

“Soprattutto non perdere la voglia di camminare: io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata. Ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati. Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene” (Soren Kierkegaard).

Quel che è certo è che bisogna provare per credere. Per capire il valore essenziale che la strada ha per uno scout, si potrebbe pensare alla sensazione che prova un padre nel rincasare alla sera e ritrovare la propria famiglia. È un legame profondo, una sensazione di completamento di noi stessi di cui ormai non possiamo più fare a meno. Sentiamo che ci arricchisce, perché ne cogliamo il suo valore. Nella realtà in cui viviamo è sempre più difficile concepire la propria vita come un cammino. Il consumismo non riguarda soltanto i beni materiali, ma anche le relazioni umane. Siamo spinti a “consumare” i momenti della nostra vita, che dovrebbero assumere un valore di esperienza, e a metterli in funzione delle nostre emozioni più superficiali senza badare al valore che essi hanno in sé, valore che dovrebbe andare ad aggiungersi al nostro “bagaglio” di vita, ad arricchirci come uomini. Invece di vivere il presente, ne siamo schiavi.

La strada ti costringe a liberarti di questo modo sbagliato di concepire la vita. Essa unisce l’elemento fisico e materiale a quello spirituale, catturandoti interamente, costringendoti a cambiare il modo di vedere le cose. Infatti risulterebbe incredibilmente gravoso, se l’intero percorso, passo dopo passo, non acquistasse il suo significato. Lungo la strada il nostro occhio si sveglia, e non può fare a meno di cogliere la bellezza dei luoghi che attraversiamo, bellezza di cui ci viene spontaneo fare memoria, come si fa memoria di una storia che ci viene raccontata, capitolo dopo capitolo, frase per frase. Che senso avrebbe leggerne soltanto l’inizio o la fine?! Lungo la strada le nostre gambe si sentono arricchite dalle distanze percorse, dalle quote guadagnate, e la fatica serve a rendere più veri e più validi questi risultati, che sentiamo più nostri, guadagnati da noi con un saggio investimento. Insomma, resta chiaro in noi il fine, la meta che ci spinge a proseguire e dà un senso al nostro percorso, ma al tempo stesso siamo spinti ad apprezzarne ogni momento. E questo rimane inevitabilmente scritto nel libro della nostra crescita.

Solo con questa debita premessa può essere raccontata la Route estiva del Clan “Luna Rossa”, solo specificando quali sono le motivazioni che hanno spinto ognuno di noi fino in Val Sangone sui sentieri della Resistenza torinese, si può comprendere quello che ci è rimasto dell’esperienza.

La scelta della Resistenza come filo conduttore che ci ha accompagnato durante il viaggio, è il frutto dell’esigenza sorta in tutti noi di vivere il mondo in prima persona e con criticità. Ciò significa non lasciarsi imporre idee e valori, ma crearseli, soprattutto viverli nel quotidiano e lottare per difenderli.

Solcare le strade che sono state teatro delle azioni antifasciste, sentire il racconto dalla viva voce di chi era presente in quei giorni è per noi “fare strada”. E’ la strada della nostra formazione interiore e della nostra crescita. E’ un procedere tangibile quello che osserviamo snodarsi sotto i piedi in montagna, ma quello che assume un significato maggiore è ciò che avviene all’in-terno di noi e che lascerà indelebile il ricordo di questa Route.


Il Clan del Gruppo scout MI X


IV Novembre 2006 - Giornata del Ricordo

Il giorno 4 novembre 2006 l'Associazione Combattenti e Reduci Sezione "Lorenteggio" ha ricordato l'88° anniversario della Vittoria di Vittorio Veneto, i Caduti in Guerra e i Defunti della Sezione con una commovente cerimonia religiosa culminata con la deposizione di una corona d'alloro alla lapide posta sul piazzale della Chiesa.
Il gesto ha voluto testimoniare la gratitudine e la consapevolezza del patrimonio di valori che permeano ancora le coscienze di tutti noi.

Si riporta quanto la Federazione Italiana per le Associazioni Combattentistiche ha espresso:
"I Combattenti, Decorati al Valor Militare, Congiunti dei Caduti, Mutilati ed Invalidi, Protagonisti della Guerra di Liberazione e della Lotta Partigiana, Reduci dalla Prigionia, Ex Internati e Deportati celebrano con impegno di sempre l'evento conclusivo del primo conflitto mondiale che, realizzando i sogni degli artefici del Risorgimento, portò a compimento l'Unità d'Italia.
Ricordano quanti, fedeli al Tricolore, sacrificarono la loro esistenza agli ideali di amor di Patria, di indipendenza, di libertà e di democrazia.
Si impegnano a trasmettere alle nuove generazioni la memoria degli eventi che hanno caratterizzato la storia della nostra Patria".

Alla cerimonia religiosa hanno partecipato gli ex Combattenti e Simpatizzanti della Sezione e numerosi fedeli.


Il Consiglio Direttivo








20 - 21 - 22 novembre
ore 21.00 in sala Paolo VI
Esercizi Spirituali
con la biblista Elide Siviero

Santiago 2006

"Il Regno di Dio non è una meta da raggiungere, ma una strada da percorrere, un modo di camminare"


Nel numero 7 di Camminare Insieme sono state pubblicate (a tradimento) ben due foto che ritraggono il gruppo di giovani che quest'estate ha fatto il Cammino di Santiago.
I malcapitati sono immortalati in tutto il loro splendore, vestiti rigorosamente di giallo, stremati, ma... felici! Siccome sarebbe troppo lungo spiegare perché eravamo tutti gialli, e superfluo raccontare perché effettivamente eravamo stanchissimi, proviamo almeno a condividere il perché di tanta felicità.
La motivazione che più ci ha legato nell'intraprendere questo cammino è stata la voglia di metterci in gioco, di andare incontro a qualcosa di più grande di noi. Ci aspettavamo di affrontare una prova che ci avrebbe cambiato profondamente e speravamo al ritorno di avere una spinta in più per affrontare le nostre difficoltà quotidiane.

Il Cammino ci ha insegnato innanzitutto a vivere nella semplicità, lasciando alle spalle il superfluo per dare valore all'essenziale; e ci ha fatto scoprire difficoltà che, abituati alla nostra comoda routine, non avremmo neanche mai immaginato.
Abbiamo poi fatto esperienza di cosa sia la fatica, una realtà concreta che in un primo momento ha impegnato le nostre energie e la nostra mente, impedendoci persino di pregare.
Il sentiero ci ha però insegnato a cambiare prospettiva, e che l'importante in questo caso non era tanto arrivare, quanto piuttosto il camminare; una scoperta che ha trasformato il nostro passo rapido, ansioso e "da città", in quello calmo e tutto da gustare del pellegrino.
Abbiamo così avuto modo di ascoltare i nostri pensieri e le nostre preghiere, di conoscerci anche attraverso lo sguardo degli altri, sperimentando una grande serenità e riuscendo a dare un senso alla fatica.

Il Cammino ci ha anche costretto a ricordare i nostri limiti attraverso febbre e vesciche. - In effetti più che pellegrini diretti a Santiago sembravamo un sanatorio ambulante.
Alcuni di noi, a causa di ciò, hanno dovuto rinunciare ad alcune tappe e si sono chiesti che senso avesse tutto il cammino, se non potevano portarlo a termine. Ancora una volta è stato il sentiero a suggerire una risposta, ricordandoci che ciò che conta non è arrivare con le gambe, ma con lo spirito.

Così, le semplici verità che il cammino ci ha sussurrato all'orecchio passo dopo passo e l'esperienza di amicizia e condivisione non solo ci hanno ripagato della fatica, ma hanno fatto traboccare la misura regalandoci quella felicità che vedete stampata sulle foto e ugualmente impressa nel nostro profondo.

Irene Brenna e Andrea Caiazzo



Forza Murialdina!


Il Gruppo Sportivo Murialdina ha iniziato il nuovo anno di allenamenti a settembre con una carica nuova. Le iscrizioni sono state numerose e si sono formate diverse squadre che coprono quasi tutte le fasce di età dai piccolini di I e II elementare ai senior.

Più faticoso è stato invece trovare gli allenatori delle squadre, persone che dessero la disponibilità di tempo e che avessero il desiderio di trasmettere attraverso lo sport dei messaggi positivi ai ragazzi quali la fatica dell’allenamento per affrontare una partita, lo spirito di gruppo, la valorizzazione di tutti i ruoli e di tutte le capacità dei singoli in campo.
Intento educativo infatti di tutti gli allenatori è la crescita umana attraverso lo sport, in un ambiente che accompagna con occhio vigile e attento i progressi dei ragazzi, e che propone obbiettivi di maturazione umana alla loro portata, privilegiando alla pratica agonistica la conoscenza delle proprie capacità e la passione per il lavoro di squadra.

Le squadre iscritte ai campionati sono 8: i piccoli amici (1-3 elementare), 2 squadre di pulcini (4/5 elementare), gli esordenti (1/2 media), i giovanissimi (3 media/2 superiore), gli juniores (3/4 superiore), la III categoria e i senior. Gli allenatori e i dirigenti sono circa 20.
I campionati sono iniziati con successi alterni. Di certo è da riconoscere il grande ruolo sociale di questa attività soprattutto sul piano dell’integrazione e della socializzazione dei ragazzi del quartiere.

Don Samuele Cortinovis


8 ottobre: dovrebbe essere sempre Festa

La mattinata si preannunciava promettente: una temperatura ancora accettabile, pur essendo già ottobre inoltrato e un cielo sereno che faceva ben sperare rispetto alla giornata mediocre del sabato appena trascorso.
La Messa delle 10.00 ricca di interventi sulle esperienze estive dei vari gruppi della parrocchia, il mandato ai catechisti e con i gruppi della catechesi che cominciavano un nuovo anno, rendevano l’atmosfera già festosa. Anche chi non avesse saputo che era una domenica importante per la parrocchia e per l’oratorio, avvertiva nell’aria qualcosa di “diverso” dal solito.

Per tutti l’appuntamento era nel primo pomeriggio, ma molti si sono fermati a condividere il pranzo, iniziando quindi con un gesto che dà forza all’idea di comunità parrocchiale.
Il conversare allegramente mentre si assaggia il piatto “speciale” preparato dal tuo vicino/a e a tua volta fargli assaggiare il tuo, dà significato cristiano al semplice mangiare assieme.

Non c’è tempo per disperdersi dopo pranzo, i preparativi della festa incombono, e tutti si danno da fare per trasformare il cortile dell’oratorio con bancarelle e aree di gioco e svago … come tante piccole formichine operose, i numerosi volontari si muovono con tavoli, sedie, attrezzature, scatoloni e persino carrelli del supermercato.
Giusto il tempo di un caffè e poi tutti ai propri posti perché la gente comincia ad arrivare, e ognuno con il suo compito e il suo ruolo cerca di rendere accogliente, divertente e interessante ciò che viene offerto. Come in una piccola festa di quartiere, la gente si incontra, magari gente che abita nello stesso condominio, ma che si incontra raramente. In fondo, lo scopo è anche questo: rendere questo momento un pretesto per far sì che la gente si incontri, respiri per un pomeriggio un po’ di sana aria di leggera spensieratezza e possa contribuire, anche concretamente, alle iniziative della parrocchia che vengono messe in mostra, “tirate a lucido” per l’occasione.

Ecco allora che il vociare colorito dei ragazzi che giocano con gli animatori, i bimbi alla Ludoteca, tutto si mischia alla musica di sottofondo e al conversare delle persone riunite in capannelli.
Il profumo delle salamelle alla brace e delle patatine fritte accarezza i palati. La gente si incontra, si saluta, si informa, contribuisce alla riuscita della festa. In una parola “partecipa”.

Il tombolone chiude la giornata, ed è un successo come sempre. E’ bello vedere che un gioco semplice e tradizionale come la tombola riesca sempre e ad accomunare così tanta gente, dai più piccini che si affollano chiassosi ma attenti a ridosso del tabellone, ai più anziani che chiedono al vicino “che numero è stato chiamato ?”, perché la voce di don Samuele viene coperta dal vociare lì attorno.

Come sempre è lo spirito della “festa” che porta tanta gente a collaborare, condividere, donarsi e donare. Dovrebbe essere sempre “festa” dentro di noi e nei nostri rapporti con gli altri, dovrebbe essere sempre “festa” nei nostri cuori e nei gesti che ci rappresentano, dovrebbe essere sempre “festa” negli sguardi che ci scambiamo e nelle parole che ci diciamo, dovrebbe essere sempre “festa”.

Roberto Siconolfi


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Corale San Leonardo Murialdo

Il prossimo 25 novembre alle ore 21.00 la Corale S. Leonardo Murialdo eseguirà nella Chiesa parrocchiale il Requiem di Mozart per coro e Orchestra.


Si tratta di un’occasione offerta a tutti per una meditazione in musica sul mistero della morte, dell’ira e del perdono di Dio e cade proprio nel periodo che segue da vicino la commemorazione cristiana dei defunti; sarà infatti anche un momento di ricordo per i nostri cari che sono venuti a mancare con particolare attenzione a due persone che hanno dato la propria vita per aiutare i più bisognosi.

Ricorderemo Suor Leonella Sgorbati, Missionaria della Consolata, uccisa il 17 settembre a Mogadiscio in Somalia mentre svolgeva la sua opera di insegnante di ostetricia - dopo oltre 30 anni di missione in Kenia - e padre Ettore Cunial, sacerdote giuseppino missionario in Albania e ucciso a Durazzo 5 anni fa, a cui è intitolato il nostro gruppo missionario.

Il Requiem di Mozart è sicuramente difficile per chi la ascolta e per chi la esegue ma è di tale bellezza da essere in grado di parlare alla profondità della persona. Ci accingiamo con entusiasmo a preparare questo evento seppure con un po’ di batticuore; confidiamo di contagiare tutti con il nostro entusiasmo e la nostra passione e vogliamo ricordare che non è necessario conoscere la musica per ascoltare “con il cuore”.

Vi invitiamo quindi tutti a partecipare e concludiamo questa breve nota con alcune parole di Papa Giovanni Paolo II che spero ci aiutino a capire meglio il senso di un celebrazione con un’opera di Musica Sacra all’interno della nostra comunità. “Quante composizioni sacre sono state elaborate nel corso dei secoli da persone profondamente imbevute del senso del mistero! Innumerevoli credenti hanno alimentato la loro fede alle melodie sbocciate dal cuore di altri credenti . Nel canto la fede si sperimenta come esuberanza di gioia, di amore, di fiduciosa attesa dell'intervento salvifico di Dio” (Lettera agli Artisti, n. 12).

La musica religiosa edifica ponti che collegano il messaggio di salvezza con coloro che, pur non accettando ancora del tutto Cristo, sono sensibili alla bellezza, perché "la bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente" (Lettera agli Artisti, n. 16).

Gruppo Corale



Centro alcolisti in trattamento (CAT) Murialdo

Sono un appartenente al CAT. n. 5 “Murialdo” e mi sento di portare la mia testimonianza sul clima che viviamo durante i nostri incontri.

Oltre ad applicare le indicazioni dettate dal prof. Houdolin, insegnateci sia dalla nostra insegnante Rosa e approfondite da alcuni seguendo corsi mirati, applichiamo quello che possiamo definire sorriso.
Ognuno di noi è sempre pronto a rivolgersi all'altro con assoluta sincerità ed amicizia; non è mai pronto a giudicare e soprattutto quello che ci confidiamo rimane interiorizzato da tutti ma non è mai portato a conoscenza di chi non fa parte del nostro club.

Tutti siamo nella stessa barca, rematori che cercano di approdare verso un isola della felicità, convinti di liberarci e lasciandoci alle spalle quello che è il nostro problema comune.
E se qualcuno rema in senso inverso nessuno di noi lo giudica o lo colpevolizza, anzi, tende la mano e raddrizza il remo. Solo così la nostra barca può andare avanti.
Abbiamo avuto diversa gente che ne è entrata a far parte e qualcuno che invece ha interrotto il viaggio, ma anche persone che sono rientrate e alle quali nessuno ha domandato il perchè dell'abbandono; con un sorriso e gioia ci siamo rimessi a remare.

Nessuno vuole arrivare primo, ma tutti vogliamo arrivare.

Personalmente aspetto il lunedì con gioia, perchè so che mi aspetta una serata di distensione, serenità e quando esco dal CAT “Murialdo” mi sento arricchita dentro perchè quello che respiro, ascolto e forse nel mio piccolo cerco di dare è solamente affetto e amicizia.
Ci salutiamo con un sorriso e un semplice arrivederci ricordandoci sempre che qualsiasi di noi incontri un problema o un ostacolo siamo tutti pronti ad aiutarci vicendevolmente.

Questo e' il CAT n. 5 “Murialdo” al quale sono felice e orgogliosa di appartenere.

Daniela


Pensieri e ricordi sparsi...


Il 7 ottobre ho partecipato a un incontro proposto dal Centro per le Comunicazioni Sociali della Diocesi per i delegati degli informatori parrocchiali. Il responsabile Mons. Gianni Zappa ha presentato la lettera pastorale del Cardinale.

“Famiglia ascolta la Parola di Dio”.
“A chi mi chiede quale sia la condizione perché le nostre comunità e le nostre famiglie siano missionarie, rispondo senza esitazione: che siano sempre comunità accoglienti, così che chiunque vi si avvicina si senta accolto, ascoltato e amato (Card. Tettamanzi).
Questo è uno degli spunti che il nostro Arcivescovo ci dà per riflettere in questo anno pastorale.

Poi Mons. Gianni Zappa, con il direttore del sito www.chiesadimilano.it, della Diocesi ci ha mostrato la nuova veste del sito che è visitato con grandissimo interesse in tutto il mondo, anche dai missionari.
Mons. Zappa ci ha indicato il materiale disponibile che è possibile scaricare e pubblicare nei nostri informatori, oltre ad alcune priorità da tenere presente nella realizzazione dell’informatore parrocchiale, che ci offre la possibilità di entrare e portare in modo semplice il Vangelo nelle famiglie.
Fra le tante cose, ci ha consigliato di scrivere e far conoscere le esperienze di persone che operano al servizio della carità, degli ammalati, mantenere la memoria di persone defunte che sono state significative per la comunità parrocchiale.

Prendendo spunto da ciò, tornando a casa, ho pensato alle tante persone che operano con dedizione la carità nella nostra Comunità: la S. Vincenzo nata prima della parrocchia, il Gruppo di Volontariato Vincenziano di via Ariberto, i Ministri della Comunione, gli Amici dei Malati, il Gruppo Missionario, Movimento 3a Età, Noi con Noi, Doposcuola e le tante persone e gruppi che operano nel silenzio al servizio dei fratelli bisognosi.

Il mio pensiero è tornato anche ad alcune persone che ci hanno lasciato, che ho avuto la fortuna di incontrare al Murialdo e che hanno segnato la mia vita. Penso a Margherita Rango. Lei tutte le mattine alle 7.00 come un orologio svizzero apriva la chiesa e l’accudiva con tanto amore; Adele Bertolaia. Arrivava rumorosamente alle lodi e porgeva la “Diurna Laus” al vicino che le cercava la pagina giusta; e poi ancora il buon Rado Fortunato e la sua gioiosa disponibilità nell’aiuto in oratorio; il carissimo amico Rodolfo Leoni quando eravamo alle riunioni degli assistenti dell’oratorio mi impressionava la sua memoria: conosceva tutti i ragazzi che frequentavano la sala giochi per nome e cognome e se qualcuno non veniva per un po’ di tempo si preoccupava e chiedeva notizie con insistenza; Rosa Fiocchi, la sua attenzione per gli ammalati, primo Ministro della Comunione della parrocchia; Anna Roberto, la costanza nel servizio alla Murialdina; Luciana Dal Ben, memoria storica e collaboratrice di “Camminare Insieme”. Poi il mio pensiero si ferma su Arrigo e Margherita Luppi: Ritiri, fraternità Eucaristica, CPP, dedizione ai malati, agli anziani, ai poveri, Azione Cattolica, San Vincenzo, presenza quotidiana davanti a Gesù, incontri di amicizia, e tanto altro.
Punti di riferimento, orme da seguire per noi parrocchiani del Murialdo.

E nel mese dedicato ai defunti la nostra preghiera va a tutti loro e ai tanti collaboratori tornati al Padre che hanno contribuito a costruire questa comunità: sacerdoti, suore, laici e un ricordo particolare per Elena, Angela, Patrizia e don Paolo, che prematuramente ci hanno lasciato e che con tanto entusiasmo e generosità hanno camminato con noi.


Concetta Ruta
conci.ruta@tiscali.it


AFRICA: richiamo alla responsabilità

La vera differenza sta in un'ingiustizia che amaramente esiste tra i popoli in via di sviluppo e quelli del terzo mondo, e così deve essere chiamata, una terribile ingiustizia!

Dopo aver ascoltato alcune storie personali, ho pensato che se fossi stata nelle loro stesse condizioni, non sarei salita su un gommone pieno di profughi, ma sul primo pezzo di legno che galleggiava nell'oceano; mi sarei aggrappata con tutta me stessa e pensando alla meta avrei sbattuto i piedi fortemente. Forse, come qualche scrittrice italiana, avrei avuto - ma dalla parte opposta, quella dell'altro - la sua stessa rabbia e il suo stesso orgoglio. Quella rabbia maldestra e orgoglio malriposto che sta all'origine delle guerre più infami, capace di risvegliare la belva della violenza che è in ogni uomo, e ancor di più in colui che si sente vittima di un'ingiustizia.

Quella rabbia che scatena l'inquietudine dove la ragione depone le armi alla paura e chiude le porte alla speranza. Credo piuttosto a un uomo che 2000 anni fa è venuto al mondo per caricarsi delle mie miserie, della mia inconsapevolezza per restituirmi la coscienza, mi ha fatto scoprire di essere "un tesoro in vaso di creta", mi ha dato dignità: rendendosi Lui uguale a me mi ha reso uguale a Lui, ha reso sacra la mia vita, mi ha reso libera. Si è fatto responsabile di me, e chiama l'uomo ad essere responsabile: perché se la vita è sacra non può esserlo solo per me o per chi ritengo simile a me ma anche per l'altro. Per tutti coloro che questa sacralità non l'hanno scoperta. Per tutti coloro che continuano a lasciarsi morire, o che lasciano morire.

E' stato bellissimo incontrare i missionari, testimoni di questa presa di responsabilità indicata da Cristo e da tanti altri Santi e uomini illuminati - Gandhi, M. L. King, Mandela, Dalai Lama, Madre Teresa di Calcutta.

P. Jeorge segue la costruzione dei pozzi nei villaggi, promuove e sostiene l'attività agricola nelle tabanche e la gratitudine della gente nei suoi confronti è grandissima. P. Gino a Bambadinca rappresenta l'esperienza di una condivisione totale della vita con la gente: un'esperienza che ha una sua luce, perché si concentra sul valore della prossimità e stimola a cercare cammini da fare insieme agli africani, ma con le loro gambe e il loro passo.

Suor Valeria dedica la sua vita ai lebbrosi e "non sa se è felice", ma sa che l'unica cosa che ha senso è "dare la vita per causa sua". Ogni giorno con la sua delicatezza d'animo prende i monconi dei lebbrosi, cura le piaghe, accompagna a morire i malati di Aids, recupera nei villaggi di Cumula -che significa "luogo maledetto" a causa della lebbra - i lebbrosi che muoiono, perché non provano dolore - un dolore che in questo caso salverebbe. Restituisce dignità a chi l'ha perduta. Quello che mi ha colpito di loro e dei discorsi del Vescovo è stato quell'atteggiamento di carità che, ricevuto dal Cristo, restituiscono all'umanità sola. Quell'atteggiamento che non nega all'altro, seppur diverso e lontano da sé, la sua profonda umanità.

La loro Evangelizzazione era caratterizzata da questo sguardo: vedere nell'altro l'impronta di Dio; riconoscergli la sacralità della sua Vita.

Forse le guerre, quelle mondiali, quelle "intelligenti", quelle "sante" e di religione, economiche e di supremazia - a partire da quelle familiari e interiori - potrebbero essere placate se si riuscisse a vedere nell'altro la presenza di Dio; un mistero che non sempre è traducibile in termini razionali. Si provasse, ad avere quello sguardo di carità che ci fa nella diversità, figli di un unico Padre!

Francesca Gatto



Fotografie

Un gruppo di bambini della Bielorussia in visita al Museo della Scienza. Li abbiamo ospitati con piacere per il pranzo al sacco.




Parchi & Giardini

“Gli spazi bimbi sono sporchi, così come tutto il resto; scivoli e altalene, sono impraticabili”. La gente, scontenta, protesta per lo stato dei giardini di Piazza Tirana; ha l’impressione che gli interventi del servizio di pulizia e i Vigili di Quartiere, dei quali non vede nemmeno l’ombra, siano inesistenti. A dire il vero, è successo che la permanenza di gruppi di nomadi in quell’area, ha reso assolutamente insufficiente l’opera di pulizia e di rimozione dei rifiuti, programmata secondo una situazione di normalità.

Quanto successo conferma che il problema del degrado dei nostri quartieri, civile ed ambientale, è tra quelli maggiormente sentiti, in particolare quello del verde pubblico.

La nostra zona non è ricchissima di spazi a verde. Abbiamo giardinetti in Piazza Tirana e Largo Fatima - davanti alla nostra chiesa - Via Giordani, Via del Cardellino, e tra le ultime realizzazioni, in Via Gonin, con le aree attrezzate e il parco giochi cintato che, pur con qualche carenza - drenaggio difettoso che lo rende impraticabile dopo un acquazzone e la mancanza di una fontanella - è il meglio di quanto ci è dato per il gioco dei bambini.

Le speranze di un concreto ampliamento delle disponibilità alberate, vanno poste nei programmi di sistemazione della via Bisceglie, la cui riqualificazione creerà i presupposti per un accesso al Parco delle Cave e Bosco in Città, unica vera occasione di poter disporre di un parco degno di tale nome.

Ma torniamo al problema del mantenimento di ciò che abbiamo già disponibile.

Una volta nei giardini pubblici si potevano vedere cartelli con la scritta: “la cura del verde dipende soprattutto da te”, esortazione sempre attuale, anche se ora deve essere percepita in modo diverso.

L’inciviltà di quelli che provocano vandalismi, spesso va ricercata nei teppisti. Ma anche alcuni stranieri, che teppisti non sono, ma che hanno un’incomprensione culturale di fondo sui nostri modi di vita tanto diversi da quelli dei loro luoghi d’origine, concorrono alla situazione generale di degrado.

Cosa fare? Facile dare suggerimenti, molto più difficile assumere iniziative. Tuttavia qualcosa è possibile e alla portata di tutti, se si abbandonano atteggiamenti di rassegnazione o di latitanza, che non sono la risposta adeguata ai problemi.

La cosa più semplice e logica è segnalare agli organismi competenti le necessità d’intervento, perché non c’è migliore osservatore di chi vive sulla propria pelle i problemi. Le pubbliche istituzioni di certo non possono essere presenti in modo tempestivo dappertutto, la presenza capillare di vigili o cantonieri non è realizzabile e la loro azione giunge quando la situazione è ormai insopportabile.

Telefonando al numero verde gratuito 800995908, che è quello della Global Service ditta che ha in appalto il servizio della cura degli spazi a verde, si può chiedere l’uscita di questi operatori, mentre per la pulizia e rimozione di oggetti abbandonati su strade e marciapiedi, occorre telefonare all’AMSA, numero verde 800332299.

Gianni Ragazzi
gianni.ragazzi@iol.it





Carissimi amici,

in questo mese dedicato alla commemorazione dei nostri defunti, non possiamo dimenticare tutti i nostri amici Ex Oratoriani, in modo particolare Mariella e Luciana Dal Ben che proprio recentemente sono venute a mancare.

Proprio a loro ricordo, d’accordo con amici e parenti, è stato proposto di provvedere all’arredamento di un’aula di un scuola gestita dai padri Giuseppini del Murialdo in Guinea Bissau.

A tale scopo durante l’incontro di amicizia di domenica 12 novembre prossimo inizierà la raccolta per la realizzazione di detta iniziativa. Ricordiamo quindi la fattiva partecipazione ed affidiamo alla generosa bontà del vostro cuore la concretizzazione di questo significativo progetto che sarà portatore di grande speranza per la vita futura di molti ragazzi.

Se poi la generosità di tutti supererà ogni aspettativa, si potrebbe realizzare la costruzione, in un villaggio nel mato, di un pozzo, fonte di vita per ogni persona.

Tutti siete al corrente dell’avvenuto aumento delle tariffe postali, per cui si richiede, per chi riceve tramite posta l’Informatore Parrocchiale “Camminare Insieme”, un incremento della quota associativa per far fronte al nuovo costo dell’invio. Si precisa che l’abbo-namento, comprensivo della spesa di spedizione, ammonterebbe complessivamente a 25 euro annuali; si conta pertanto su una tempestiva e fattiva adesione.

Vi aspettiamo numerosi e vi salutiamo cordialmente.

Associazione Ex Oratoriani


L’Opinione: I Santi, i Defunti e... Halloween

Nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre nei paesi anglosassoni, ma specialmente in America, c'è l'usanza di organizzare sfilate in maschera. A differenza del carnevale, il gusto, anziché allegro e scanzonato, tende vagamente al lugubre: maschere da strega, zucche svuotate e intagliate a mo' di teschio, cappellacci, mantelli, ecc.
Questa è detta infatti la notte delle streghe e la tradizione affonda le radici nelle antiche ritualità celtiche, quando si credeva che gli spiriti malvagi tornassero per una notte tra i mortali a portare malefici. Era convinzione che, mascherandosi come loro, fosse possibile confonderli e quindi eluderli. Fino a pochi anni fa apprendevamo dai film americani questa consuetudine e ci sembrava strana ed estranea alla nostra cultura.

Ultimamente però l'uso sta dilagando anche da noi; in questo gioca lo spirito di emulazione per tutto ciò che viene dall'America, incoraggiato dai possibili affari che un certo commercio non poteva lasciarsi sfuggire. Il significato originario, tuttavia, si è perso e quello di oggi non è che un nuovo pretesto di allegre burle.
Ecco allora che vediamo i nostri ragazzi sbizzarrirsi e alla fine svuotare le vetrine dagli strani orpelli esposti in questi giorni.

La data del 31 ottobre è stata mutuata dalla festa di Ognissanti - in inglese Halloween non è che la contrazione di (All)-Hallow-even, cioè vigilia di (tutti) i Santi - e della successiva commemorazione dei defunti. Questa festa però, lungi da significati tetri e paganeggianti, dovrebbe invece richiamarci alla devozione per coloro che vivono nella gloria e al ricordo per chi ci ha preceduto e che abbiamo amato. Questo era probabilmente il pensiero di Gregorio IV quando, nel nono secolo, istituì le due celebrazioni in giorni consecutivi: venerazione per le migliaia di Santi che non figurano sul calendario e per gli altri che potrebbero esserlo per aver percorso cristianamente, ma in silenzioso anonimato, il loro cammino quaggiù.

Questa ricorrenza arriva con i primi freddi e le prime nebbie, un clima che induce quello stato d'animo di mesto raccoglimento, adatto a sentirci vicini ai nostri cari che ci hanno lasciati. È giusto che i ragazzi non siano rattristati da pensieri funesti e che si godano spensieratamente il loro Halloween, ma un discreto invito a rivolgere un pensiero, una preghiera per chi non è più, potrebbe essere per loro una grande, utile lezione.

Claudio Gallotti, ex oratoriano




Gli amici della filo-sophia

“L’essere [ … ] è ciò che nelle cose vi è di più intimo e di più profondamente radicato”. Summa Teologica di San Tommaso.
“Io vi esorto … a far sì che non vi siano divisioni fra di voi, ma che siate perfettamente uniti”. Dalla 1 Lettera ai Corinzi.
Queste citazioni vogliono ricordare che la filosofia di San Tommaso è filosofia dell’Essere e dell’ente, così come sono lo spunto da cui partire per introdurre il tema di quelli che egli chiama i trascendentali: l’uno, il vero e il buono.

I trascendentali sono quei caratteri che qualificano l’Essere in quanto tale e, per analogia, qualificano ogni ente che dell’Essere è quell’espressione in parte uguale e in parte differente.
Cerchiamo di capire cosa intende San Tommaso quando parla di unità dell’ente.
Innanzitutto diciamo che quanto maggiore è il grado d’essere che un ente possiede, tanto maggiore sarà l’unità di quell’ente. Ossia, l’unità di un sasso è inferiore a quella di un animale, che è inferiore a quella dell’uomo che, a sua volta, lo è a quella di Dio. Il richiamo all’unità è una costante sia del pensiero filosofico, sia del pensiero cristiano; basti pensare all’unità di Dio, all’unità della Chiesa e a quella della persona (anima, corpo e ragione sono l’espressione di un unicum). Non dimentichiamoci del significato etimologico del termine diabulus, che è “colui che divide”, che tenta di rompere quella “semplicità dell’essere” o “totalità d’essere” di cui Dio è l’espressione perfetta.

“In Verità, in Verità vi dico…”. Dai Vangeli.
La verità dell’ente. Tommaso riteneva che le singole creature e il mondo, poiché manifestazioni del progetto divino, del pensiero di Dio, fossero vere nel loro modo d’essere. Il pensiero di Dio le pone in essere, le fa essere; ed esse sono, adeguandosi al pensiero che le ha progettate. Dio è somma verità, poiché è sommo essere, gli enti finiti sono più o meno veri a seconda del grado d’essere che posseggono e svolgono il proprio ruolo, all’interno del progetto di Dio, pienamente (fino al grado d’essere animale) o secondo la propria volontà (l’uomo). Anche nell’uomo che non risponde con l’assenso al progetto che Dio ha preparato per lui, rimane inscritto questo richiamo alla fedeltà e alla propria verità ontologica (cioè la vera natura del proprio modo d’esistere).

“Ed Egli vide che ciò era buono”. Dal libro della Genesi.
Concludo parlandovi della bontà dell’ente. Dio è sommo bene e tutto ciò che è, è frutto della bontà che Dio ha liberamente diffuso su ogni cosa. Ogni creatura è espressione dell’armonia divina ed è, quindi, parte della perfezione di cui il creato è immagine. Il bene è, per Tommaso, ciò verso cui l’uomo tende, giungendovi anche grazie ai “beni intermedi” (mezzi o piaceri) che lo stimolano nella ricerca dell’Unico Bene.

Valentina Caleca




Lettere


Caro don Guglielmo,
le scrivo questa lettera per ringraziarla di tutto quello che ha fatto in memoria di mia sorella Suor Leonella.

Ringrazio per la Messa del 24 settembre 2006 curata nei particolari, per il coro con i suoi bellissimi canti; ringrazio il tenero gesto dei bambini con i loro doni, fiori e farfalle fatte con le loro mani da portare alla tomba di Suor Leonella. Grazie a tutti i parrocchiani che hanno voluto partecipare al mio dolore e onorare la memoria di mia sorella.

Un grazie personale a lei per la sua presenza e vicinanza al mio dolore facendomi sentire parte di una grande famiglia.

Con affetto,

Giuseppina Sgorbati









Reverendo don Guglielmo,

due righe per ringraziare lei, il gruppo missionario e i parrocchiani per la preghiera e le offerte pervenute alla nostra missione.

Nelle foto si vede il dispensario ormai quasi realizzato; ora c’è da pensare ai mobili e agli strumenti necessari. I tempi sono lunghi; intanto facciamo quello che possiamo e diamo una mano al dispensario diocesano.

Noi suore siamo anche di sostegno ad animare le varie celebrazioni che sono sempre una vera festa. La nostra casa è a 20 chilometri dalla città Cotonon, dove c’è tanta gente buona. Anche vicino a noi si ha la percezione della crescita della zizzania; ma Cristo ha vinto il male. Noi vogliamo confidare sempre in Lui, nella forza dell’amore.

Saluto Lei, il gruppo Eucaristico, il gruppo San Vincenzo e tutti i parrocchiani.

Con affetto,

Suor Bertilla Valtulina

4 ottobre 2006





La Madre





Due mani che accarezzano
e asciugano il tuo pianto,
occhi che come stelle
fan chiara la tua via,
un cuore appassionato
d’amore e poesia
che nulla chiede
in un donar costante:
ecco o madre in cornice
il tuo sembiante.

Ada Lauzi




Fotografie

La vita è un dono meraviglioso di Dio!