camminare insieme Gennaio 2007   


Io punto sul domani, scommetto su Dio

All’inizio del nuovo anno rinnovo il mio cordiale e fraterno augurio di essere “gente di speranza” a tutti e a voi che siete abbonati a “Camminare Insieme”. Auspico che questo informatore parrocchiale entri in tutte le famiglie della parrocchia portando la benevolenza di Dio e tanta serenità. E che diventi motivo di confronto e di impegno leale per scelte generose e cristiane.

E continuando “le confessioni di un prete”... sentite questa.

Qualche settimana fa, durante il mio peregrinare di casa, in casa per ravvivare la fede e rinsaldare la fraternità nel luogo dove la famiglia trascorre i momenti più intensi di vita domestica, ho fatto un incontro che mi ha lasciato sgomento e senza parole.

Ormai conosco certe situazioni, conosco il dramma che pesa nel cuore di tanti parrocchiani, qua e là, e sempre più incontro grosse croci.
Entrai, un tardo pomeriggio, in un bell’appartamento nuovo.
Una signora, donna intelligente e pacata, già avanti con gli anni, mi fece una dichiarazione di ateismo lucida, perentoria e senza sbavature.
Affermò che Dio era frutto della nostra fragilità e del nostro bisogno, per cui Egli sarebbe creazione di comodo di un uomo che si sente piccolo e solo di fronte agli eventi e ai drammi della vita.
E perché non avessi agganci a cui appigliarmi mi disse: “Anche se Dio esistesse, non mi interesserebbe, tanto è assurda e amara la vita che mi ha riservato”.
Non obiettai, non difesi le mie convinzioni, tacqui stordito e triste. Uscii da quella casa salutando la signora con rispetto e affetto.

Il grave dramma che pesa nel cuore di quella madre rende degna di rispetto anche questa ribellione e questo sfogo amaro.
Esperienze traumatizzanti sono frequenti per un prete come me che vive in un mondo sempre più laico e areligioso.
Il “problema di Dio” è un tema che per scelta ho affrontato e affronto con passione e totale coinvolgimento.
Non vado alla ricerca delle argomentazioni di San Tommaso e delle riflessioni acute e pungenti di Pascal.
Colgo sempre il positivo. Non abbraccio la filosofia del nulla, della morte, dell’assurdo.
Io scelgo Dio, continuo a credere nell’aldilà, punto sempre sulla vita eterna.
Credo sul significato positivo della vita, scommetto sulla Risurrezione di Gesù Cristo, sulla terra promessa, sul Regno dei cieli.

Stasera abbasserò le imposte quando si farà buio, ma mentre le chiudo, so già che domani le riaprirò al nuovo sole. Pensare che non ci sia, è amaro, mi toglie la gioia del giorno che sto vivendo e fa calare la notte prima del tramonto.
Io scommetto perciò sul domani, scommetto su Dio.

Don Guglielmo Cestonaro - Parroco
gcestonaro@murialdo.org



Cammino


Cammino: Condivisione con gli altri
Perché in quei momenti si cresce in due
Cammino: Solitudine e silenzio
Perché in quei momenti capisci chi sei
Cammino: Scherzare ridere divertirsi
Senza pensare ai chilometri che passano
Cammino: Aiutare e aiutarsi
Perché insieme è più bello e facile
Cammino: È Dio, Via, Verità e Vita.

Un pellegrino a Santiago








1° gennaio 2007 - Giornata della Pace

LA PERSONA UMANA CUORE DELLA PACE

Il discorso per la pace di Papa Benedetto XVI termina con queste parole: “Gesù ci ha rivelato che “Dio è amore” (1 Gv 4,8) e che la vocazione più grande di ogni persona è l’amore”. Questa conclusione è a fondamento di tutto il discorso che parte dalla convinzione che “solo rispettando la persona si promuove la pace, e costruendo la pace si pongono le premesse per un autentico umanesimo integrale” perché alla base di tutto bisogna determinare cosa si intende per persona, quali sono i valori inalienabili che le appartengono e, di conseguenza, quali diritti bisogna promuovere e difendere.

La Chiesa indica nell’amore e nella capacità di amare l’assoluto che determina la persona umana, le dà dignità e le conferisce diritti inviolabili, nello stesso tempo l’amore dà il limite del proprio diritto e mette la persona in relazione con tutte le altre. Di più: fa del singolo il promotore del proprio bene solo all’interno del bene comune.
Questa è la radice della pace: il mio bene è tale solo se è bene anche per l’altro, in questo senso la pace è “un dono e un compito”, per il cristiano è l’impegno a dare la propria risposta in modo coerente con il piano di salvezza di Dio.

La nostra risposta per essere uomini e donne di pace, o più semplicemente discepoli di Cristo, non può quindi non tener conto del diritto fondamentale di tutti alla vita e alla libertà religiosa, e non si può dimenticare che “all’origine di tante tensioni vi sono le tragiche disuguaglianze nel mondo all’accesso a beni essenziali, come il cibo, l’acqua, la casa, la salute e il persistere di disuguaglianze tra uomo e donna nell’esercizio dei diritti fondamentali”.

L’accento del Papa è posto sul bene per ogni persona e per tutto il creato. Anche noi ci uniamo alla preghiera di Benedetto XVI, perché Maria ci mostri nel Figlio suo la Via della pace e illumini i nostri occhi per aiutarci a riconoscere il suo Volto nel volto di ogni persona.

Daniela Gennari



Egli credette al Signore
(Gn 15, 1-6)

 



Genesi - Capitolo 15

La promessa di un figlio

[1]Dopo tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande».
[2]Rispose Abram: «Mio Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». [3] Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede».

[4] Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». [5] Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».

[6] Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.





A partire dal cap. 15 vengono espresse per la prima volta, alcune delle nozioni più importanti della rivelazione biblica, che resteranno fondamentali nel pensiero religioso giudaico e nella dottrina cristiana, esse, secondo l’abitudine dell’Antico Testamento, non sono esposte in termini astratti e teorici ma esse si deducono da situazioni concrete, o da atti e fatti conformi agli antichi costumi dell’Oriente.

I primi sei versetti di questo capitolo trattano di un dialogo tra Dio e Abramo e hanno un accento profetico e spirituale, ma ciò che soprattutto occorre comprendere è il significato teologico del racconto che da questi versetti prende le mosse, infatti la storia di Abramo più che memoria di particolari fatti è memoria di un’avventura dello spirito.
Le prime parole evocano lo stile liturgico dei salmi quasi a collegarsi al capitolo precedente in cui Abramo aveva ricevuto da Dio la promessa di una discendenza, ma tale promessa stenta a realizzarsi perché Sara è sterile. Abramo, quindi, secondo il rito mesopotamico dovrebbe lasciare tutto al suo maggiordomo. Il testo biblico mette in luce la differenza tra il termine discendenza (in ebraico: il seme) e colui che è nato nella casa. Il primo è veramente originato dal padre, è un figlio reale mentre nel secondo caso è considerato un’adozione.

Dio fa ad Abramo una promessa: la promessa di un figlio secondo la carne.
In ebraico non c’è una parola specifica per dire promessa, promettere. Si usa semplicemente il verbo dire. Ma questo verbo ha una potenza tale che una parola proferita da Dio è, per ciò stesso, una promessa sicura. Dio accompagna questa promessa con un gesto delicato, conduce fuori Abramo ad ammirare il cielo stellato per aiutarlo a comprendere la portata della sua promessa ed Abramo dà la risposta più grande che può dare l’uomo: crede.

Al v. 6 appare per la prima volta nella Bibbia il verbo credere. Questo verbo, in ebraico, proviene da una radice che significa: essere fondato solidamente, fondarsi, essere conficcato in un luogo solido: da cui avere fiducia in qualcuno, fidarsi di un uomo. La stessa radice è alla base della parola fede, fedeltà, verità. È lo stesso verbo della parola Amen. Abramo, quindi, si abbandona a Dio, pone la sua certezza in quello che sembra un mistero; rischia veramente perché pone la sua sicurezza su una realtà dai contorni labili. La fede di Abramo è l’accettazione della parola di Dio che gli ha promesso una discendenza. E’ una fede concreta in qualcuno che ha detto qualcosa.

Il verbo accreditare, nel linguaggio biblico, è il verbo usato dal sacerdote allorché accetta un sacrificio da parte di un fedele; è un termine dunque del linguaggio cultuale che serve a dichiarare formalmente a qualcuno che il suo atto è riconosciuto valido.
L’atto di fede di Abramo è stato considerato valido da Dio e il patriarca è quindi considerato giusto. Questo esprime già un fatto: il sacrificio che Dio gradisce è quello della fede.

La giustizia nel linguaggio dell’antico testamento non è una nozione teologica: è l’indicazione di una relazione corretta e onesta, fra due persone, secondo una regola prevista. Il concetto di giustizia è quello di fedeltà ad un impegno.

Abramo quindi, agli occhi di Dio è l’uomo giusto, il fedele per eccellenza.
Questi versetti sono molto cari all’apostolo Paolo che li commenta in alcune sue lettere e li attualizza dicendoci che i figli di Abramo, i figli della promessa, sono coloro che provengono dalla fede e solo la fede può renderci giusti davanti a Dio.


Gabriella Francescutti



    

I venerdì di Avvento

Venerdì 15 dicembre quanti hanno accolto l'invito ad ascoltare l'insegnamento di don Silvano Caccia, responsabile diocesano della famiglia, sul tema: ”vita affettiva - legame di coppia - itinerario educativo - legame genitori – figli”, hanno ricevuto una grande occasione di riflessione.

I temi trattati, oggi più che mai ci toccano da vicino. Per noi cristiani praticanti dovrebbe essere spontanea la testimonianza attraverso la nostra esistenza, vissuta sul modello del Vangelo, con il Cristianesimo della partecipazione per giungere all’imitazione di Gesù. Attingere alla Parola di Dio per educarci ed educare a nostra volta i figli che ci vengono donati, perché sull'insegnamento di Gesù Cristo possiamo giungere alla consapevolezza che i figli non sono per noi stessi, per colmare un vuoto nella nostra vita. Alla base poi, di ogni relazione ci dev'essere l'amore; questo termine oggi tanto usato con i significati più disparati.

Amore nelle coppie che aderiscono ad un progetto di famiglia basato non solo sul criterio dell'innamoramento, sulla percezione sensibile, che non consentirebbe di andare molto avanti, non è questa l'altezza su cui misurarsi, bisogna fare un passo più avanti.

Spesso si fa confusione tra "affetto" ed "emozione".
L'affetto sostiene la generazione e nella generazione si vede incarnato l'affetto. L'affetto dona a qualche altro la possibilità di “essere”, genera una storia nuova. La nuova famiglia allora sarà consapevole di avere radici nel passato e una nuova apertura sul futuro, ed essendo aperta alla voce dello Spirito Santo non potrà che generare attorno a sé: amore, generosità, amicizia sincera, disponibilità verso gli altri. A volte ci sfugge la grande opportunità che abbiamo vivendo nelle comunità parrocchiali. Possiamo trovare l'appoggio di altri fratelli che come noi faticano nel percorso della vita con le problematiche di relazioni, di educazione ai piccoli. In cordata il percorso è più sicuro e meno faticoso.

Testimoniare che ancora oggi il Vangelo può dare senso e spazio agli affetti, che la vita secondo Gesù non è per super uomini ma è buona, bella e gioiosa. Oggi si guarda troppo al successo, ma cosa significa avere successo? Il Signore non pretende da noi il successo, ma la fedeltà alla nostra vocazione. Fedeltà supportata nella coppia dalla grazia sponsale che ci fa sentire uomini e donne di speranza!




 

”Grazie Signore Gesù,
che vieni per educare il tuo popolo,
che vieni ad abitare nelle nostre tende,
che ci ami così come siamo così poveri
e bisognosi di Te”.
Amen

Luciana Mastella


Dal Gruppo Missionario “Ettore Cunial”

Siamo a fine anno ed è tempo di consuntivi. Anche il Gruppo Missionario riflette sul suo operato ma più ancora sul suo “essere gente di speranza”. Inoltre desidera rendere conto anche delle entrate pervenute dai parrocchiani a favore delle missioni, tramite le iniziative che durante l’anno propone alla Comunità. Non è mancata l’animazione e la sensibilizzazione alle problematiche dei paesi del terzo mondo: video, cartelloni, interventi durante le Messe, giochi per i bambini della catechesi, coinvolgimento dei gruppi giovanili dell’oratorio, bollettino missionario, formazione ai giovani che partono per fare esperienze di missione.

Alcune iniziative significative: animazione della Quaresima di Fraternità, ottobre Missionario, festa dei Martiri, Via Crucis decanale, concerto in memoria di padre Ettore Cunial e suor Leonella Sgorbati, Convegno Missionario della provincia italiana, Avvento di Carità, bancarelle missionarie, vendita prodotti del Commercio equo e solidale.

Segni di fraternità e accoglienza: Festa tra i Popoli nel mese di giugno, doposcuola per i bambini con aiuto nell’apprendimento della lingua italiana, Ludoteca e Centro Ricreativo Diurno aperti a tanti bambini e ragazzi stranieri, sostegno costante di alcuni giovani al “Gruppo Divina Misericordia” fondato nel 1990 dalla nostra parrocchiana Mimma Tropeano. Una notte alla settimana vanno alla stazione centrale a portare un pasto caldo, coperte e vestiti a centinaia di persone, in prevalenza stranieri, che vivono in strada e due sere alla settimana distribuiscono viveri, vestiti, coperte in due strade del nostro quartiere.

Adozioni a distanza: sono oltre 100 le famiglie e i gruppi della parrocchia coinvolte.

Iniziative estive: negli ultimi anni diversi giovani e adulti sono andati in Guinea Bissau, Ecuador, Romania, Sierra Leone e Albania.

Nel corso di quest’anno sono state raccolte offerte tramite le bancarelle missionarie, vendita mele, le offerte di alcune famiglie e gruppi parrocchiali, Quaresima di fraternità, Avvento, ottobre missionario e “cambio del pasto”, concerto, Rosario missionario, offerte per don Gabriele ecc.: € 21.000,00.

Queste offerte sono state distribuite alle missioni Giuseppine del Brasile, Guinea Bissau, Romania, Albania, Sierra Leone, Ghana, Centro missionario diocesano per le missioni più povere e ad alcuni missionari di passaggio a Milano.

Inoltre l’Associazione Ex Oratorialidon Mario Bovini” ha concluso la raccolta di fondi in memoria di Mariella e Luciana Dal Ben (€ 4.750,00) e li ha consegnati a don Mariolino Parati, Delegato della provincia Africana, che parte l’11 gennaio e li porterà personalmente alla missione Giuseppina di Bissau.

Il gruppo Missionario è composto da una ventina di persone che si incontrano una volta al mese, alcuni incontri sono riservati alla formazione, altri all’organizzazione e all’incontro con alcuni missionari, in Avvento e in Quaresima una giornata di ritiro guidato da un sacerdote del Pime. Alcuni componenti del gruppo sono delegati alle commissioni decanali e agli incontri diocesani.
Quest’anno il gruppo missionario è stato invitato e partecipa al premio per la Pace indetto dalla Regione Lombardia.

Il prossimo impegno del gruppo è fissato per domenica 21 gennaio 2007.
Sarà una giornata di spiritualità missionaria e di programmazione per la Quaresima di Fraternità.

Grazie di cuore a tutti e buon anno!

Per il gruppo missionario
Concetta Ruta
conci.ruta@tiscali.it


Don, Vieni a vederci a teatro!

“Don! Vieni a vederci a teatro”. Con queste parole con orgoglio alcuni dei ragazzi dell’anno della comunità, la 5a elementare, che frequentano la scuola di via Narcisi mi hanno invitato con le catechiste a partecipare a un’impresa che con i loro compagni stavano portando a termine. “Io faccio Tamar! Io Gabriel! Io l’oste! Io un’altra Tamar! Anch’io faccio Tamar! Io …”. Non riuscivo a capire come mai c’erano tanti personaggi con lo stesso nome. “Questo è l’invito! Non mancare!”. Così il venerdì 15 dicembre vado al Teatro Barrios.

Va in scena “Betlehem anno zero”, uno spettacolo di teatro e musica che rievoca il primo Natale attraverso la storia di Tamar e Caleb, una coppia di benestanti di Cafarnao giunti a Betlehem, come tanti altri, per un censimento; faranno uno strano incontro con il giovane astrologo Gabriel e con l’avido Amos, quest’ultimo padrone della locanda che rifiuterà di ospitare una donna galilea prossima a partorire. Lo sfondo è una piccola città, terra di passaggio, popolata da stranieri, commercianti, immigrati e invasori con le loro diverse lingue, i diversi colori della pelle e con tutti i problemi di intolleranza legati a una società multiculturale: una sorta di storicizzazione di problemi ancora oggi di grande attualità.

Tutte le tre sezioni della 5a elementare coinvolte sono state impegnate e i ragazzi si sono turnati nel mettere in scena i personaggi - ecco perché tante Tamar! - di modo che tutti potessero essere protagonisti. Conosco la maggior parte di quei ragazzi perché vengono in oratorio per diversi motivi: catechismo, ludoteca, spazio compiti, Murialdina, oratorio estivo o anche solo per giocare il pomeriggio. Davvero il nostro oratorio è una risorsa per le famiglie del quartiere e insieme alla scuola può essere un luogo che abbatte le distanze, le incomprensioni, i pregiudizi culturali. Dovremmo lasciarci guidare dai piccoli per imparare l’integrazione e forse non ci farà impressione sentire un ragazzo del Mali, o dell’Egitto, dell’India o del Perù parlare di accoglienza, della fatica di imparare una lingua, del trovare un lavoro onesto. Il Natale e la fine dell’anno sono periodi che ci dovrebbero aiutare a sognare. Lì nel teatro dove non erano cancellate le diversità, ma ciò che spesso ci porta a giudicare le persone - modo di vestire, la difficoltà della lingua, la famiglia d’origine, la cultura… - ho visto il seme di un futuro migliore. Sta a noi grandi coltivarlo.

Brava Scuola Elementare di via Dei Narcisi!


Don Samuele Cortinovis
samuelec@murialdo.org


Valore in un sorriso
Donare un sorriso rende felice il cuore
arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.

Non dura che un istante
ma il suo ricordo rimane a lungo.

Nessuno è così ricco da poterne fare a meno,
né così povero da non poterlo donare.

Il sorriso crea gioia in famiglia,
dà sostegno nel lavoro ed è
segno tangibile di amicizia.

Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle
prove e nella tristezza è medicina.

E se poi incontri chi non te lo offre,
sii generoso e porgi il tuo;
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
come colui che non sa darlo.

P. John Faber


Fraternità Eucaristica

Il gruppo “Fraternità Eucaristica” si è ritrovato giovedì 14 dicembre per riflettere sull’Eucaristia e la speranza. Francesco Parati ci ha regalato questa riflessione.

La scienza vuole sapere il “come”, la filosofia vuole sapere il “perché”.

Il cristiano invece non ha bisogno di tutto questo sapere perché sa da dove viene e dove va. Perché le cose umane bisogna conoscerle per amarle, mentre le cose divine bisogna amarle per conoscerle.

Il Signore ci ha dato questa vita materiale perché è con questa vita che si guadagna quella spirituale e per raggiungerla ci ha insegnato la strada maestra con una completa segnaletica per non sbagliare la direzione, quando nell’incertezza si può commettere un errore.

Per non uscire dalla retta via ci ha mandato il suo unico Figlio, Gesù Cristo che con la sua Parola e il suo esempio, ma anche con lo Spirito Santo che è manifestazione, è comprensione, è grazia. Ci ha dato anche i profeti, gli evangelisti, gli apostoli e i sacerdoti che ci guidano e ci accompagnano.

Gesù poi ci ha fatto il più grande dono, che è il suo Corpo, che noi riceviamo con l’Eucaristia.

Questo lo dice Giovanni quando scrive: “Chi mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue ha la vita eterna”.

Gesù ha fatto molti segni, molti miracoli, ma l’Eucaristia è quello più grande, più importante perché è quello che dura ancora ai giorni nostri, ed è per tutti.
Quindi l’Eucaristia è la nostra Trasfigurazione, è l’incontro Trinitario, è vedere l’invisibile.
Il pane del nostro spirito è il Corpo di Gesù Cristo, il Corpo di Colui che ci porta la vita eterna, quella di vivere con Lui. La nostra speranza diventa certezza.



Dio nelle nostre tende ogni giorno


Cos’è il matrimonio?
Noi giovani fidanzate, prossime al matrimonio, in questi ultimi mesi questa domanda ce la siamo posta spesso.

Grazie al percorso prematrimoniale vissuto in compagnia di don Guglielmo e con la guida di Giancarlo e Lorenza, abbiamo avuto modo di riflettere più in profondità su questa domanda, sicuramente non scontata.

Traendo spunto dal libro dell’Esodo, in cui il Signore disse a Mosè: “ordina agli Israeliti che mi consacrino un luogo particolare, così io abiterò in mezzo al loro. Farete la tenda e gli oggetti di culto uguali al modello che ti mostrerò, secondo il modello della Dimora. Io ti darò convegno appunto in quel luogo”, abbiamo compreso che quello che ci piacerebbe realizzare con il nostro matrimonio è la costruzione di una tenda piena di Amore, in cui Dio possa trovare una delle sue piacevoli dimore, e nella quale essere presente con la sua benevolenza e, con amore, guidare i nostri progetti di coppia.

Francesca & Francesca


Murialdina in crescita

In un periodo in cui molte società vivono momenti di difficoltà, fa eccezione la Murialdina, società della zona ovest di Milano, che proprio negli ultimi tempi sta vivendo un ritorno agli antichi fasti e un incremento di iscrizioni a tutti i livelli.
Da due anni è diventato massimo dirigente del sodalizio rossoblu Nicolino Florio, che ha raccolto l'eredità di Bruno Ricci, rimasto comunque nel direttivo in qualità di presidente onorario.

Con la nuova dirigenza la società ha saputo rinnovarsi e ritrovare la forza per costituire ancora un florido settore giovanile, dopo alcune stagioni che vedevano tutte le energie concentrate sui risultati della prima squadra.
Lo stesso presidente Florio conferma questa nuova tendenza: «La Murialdina è sempre stata un punto di riferimento per i ragazzi della zona e abbiamo voluto proseguire questa tradizione anche per i più piccoli, Cercando di offrire un ambiente sereno e tranquillo, in cui sia privilegiato l'aspetto ludico e di divertimento, rispetto al mero risultato sportivo. In precedenza avevamo solo una prima squadra su cui si puntava tutto, ma nel calcio dilettantistico, soprattutto in una città come Milano, penso che il futuro del calcio sia riposto nei giovani.

Dallo scorso anno - aggiunge Florio - a questo abbiamo registrato un forte incremento di iscritti, passando da tre squadre a otto. L'obiettivo è quello di proseguire su questa strada cercando di migliorare di anno in anno; inoltre nella nostra zona sono presenti già molte società e bisogna offrire qualche cosa di diverso per invogliare i ragazzi a venire da noi. La nostra forza sta proprio nell'ambiente molto semplice e alla mano, ma allo stesso tempo professionale».
La Murialdina conta infatti molti tecnici preparati, che provengono dalla stessa società e anche i risultati sportivi non mancano di certo. «Diversi ex giocatori - afferma il presidente - rimangono all'interno della società come dirigenti o come tecnici, mettendo a disposizione l'esperienza acquisita sui campi. Nulla viene comunque lasciato al caso visto che sia i dirigenti che gli allenatori seguono costantemente gli aggiornamenti proposti dalla Federazione per offrire il massimo ai nostri giovani. Dal punto di vista sportivo, speriamo di raggiungere la promozione in seconda categoria con la prima squadra, che ha tutte le carte in regola per riuscirci. Anche le altre formazioni si stanno comportando bene e nel giro di un paio di stagioni speriamo di coprire tutte le annate, per poi provare a vincere qualche campionato”.

Dal Giornale “Lombardia Sport”



Dalla Catechesi dei ragazzi


Finalmente possiamo comunicare l'esito delle iscrizioni al nuovo anno catechistico 2006-2007.
30 catechiste, oltre a qualche incaricato per il servizio di segreteria, sono impegnate per quattro pomeriggi della settimana per gli incontri di catechesi, dal martedì al venerdì.

Gli iscritti sono in totale 210 suddivisi come segue:
Anno dei Testimoni - che si preparano alla Cresima - 45 ragazzi divisi in 4 gruppi di cui uno in via Gonin;
Anno della Comunità - che riceveranno il Vangelo - 45 ragazzi suddivisi in 5 gruppi, di cui uno in via Gonin;
Anno dei Discepoli - in preparazione alla Prima Comunione - 41 ragazzi divisi in 4 gruppi;
Anno della Fede - in preparazione alla Prima Confessione - 79 ragazzi anche questi in 5 gruppi, di cui uno di 21 ragazzi in via Gonin.

Gli incontri si susseguono con regolarità, iniziando con un breve pensiero in chiesa tenuto da don Samuele per passare poi nelle varie sale di ritrovo, al primo piano della casa parrocchiale, per l'incontro con le rispettive catechiste. In casi speciali i ragazzi vengono riuniti nella sala Lumiere per la proiezione di filmati adatti al corso che stanno seguendo. Le catechiste si ritrovano periodicamente e alcune hanno frequentato i corsi che si sono tenuti nella sede della FOM in via S. Antonio o presso le parrocchie della Creta e di S. Vito.

Continua anche la simpatica iniziativa della "Bancarella" che dopo la S. Messa delle ore 10 è aperta per i ragazzi che possono acquistare libri, giochi e vari oggetti, usando i famosi “Talenti” che ricevono durante le varie attività collegate alla catechesi. A questo proposito, se qualche famiglia ha oggetti in buono stato, adatti per i ragazzi e dei quali desidera “liberarsi”, potrà portarli alla segreteria della catechesi per arricchire il piccolo emporio.

Con i nostri ringraziamenti.


Nelle foto i bambini dell’Anno della Fede (3a elementare)

Per la segreteria Enzo Bianchi



Fotografie

I bambini di via Gonin, 34 con l’aiuto dei loro genitori hanno realizzato un originale Presepio da mettere nel cortile del loro caseggiato. Lo hanno portato in chiesa per farlo benedire.



Oratorio Murialdo - 16 dicembre 2006
Il gruppo seconda media cena insieme in occasione del primo ritiro.
Un ringraziamento particolare alla mamma di Daniela e alla nonna di Nancy per la strepitosa cena.



     

Francesco osserva e Anna e Michela, le due amiche coraggiose del ritiro


Finalmente il gruppo inizia a scaldarsi.
Ecco Irene e Andrea nel loro balletto preferito.


Sabato 16 dicembre alle ore 15.30
Il centro diurno disabili “Narcisi” grazie alla disponibilità della nostra parrocchia e alla collaborazione del Coro della Scuola Media “Rinascita” hanno proposto un concerto di canti natalizi.
La partecipazione è stata numerosa e loro sono stati bravissimi.



Un Presepio da... Contemplare

Grazie ai nostri amici Melchiorre - l’artista-ideatore - Giuseppe - Tonino - Antonio e Giancarlo, siete stati bravissimi!
Il vostro lavoro esemplare di oltre un mese, quasi ogni sera, ha suscitato entusiasmo in tante nostre famiglie.

In alcune zone della Parrocchia quasi ogni famiglia, sul vostro esempio, ha allestito bellissimi presepi, che verranno premiati domenica 14 gennaio dopo la Messa delle ore 10.00.
Entrambi i nostri presepi, quello in chiesa e quello della catechesi - allestito da Enzo - partecipano al concorso indetto dal consiglio di zona 6. Tutti possono visitare i presepi ed esprimere il loro giudizio attraverso apposite schede che trovate in luogo.



Il presepio realizzato nella nostra chiesa.



Il presepio della catechesi collocato all’ingresso della casa parrocchiale.




E M E R G E N Z A      F R E D D O

E’ di questi giorni un messaggio che proviene dai media e raggiunge un po' tutte le nostre case avvolte da un delizioso tepore: "Per proteggere dal freddo molte persone senza tetto che passano la notte al ghiaccio nel sottopassaggio di via Tonale alla stazione centrale di Milano, i cittadini possono recarsi direttamente in quella zona per portare coperte o indumenti pesanti a quei poveretti che non avendo casa passano la notte in strada, avvolti in cartoni, alla mercé del freddo ghiacciato, mettendo a repentaglio la vita”.

E’ questo, purtroppo, uno spaccato di Milano. La città dell'opulenza, del consumo sfrenato, dello spreco! Chi lo direbbe?

Ognuno di noi recepirà a suo modo il messaggio dei media e agirà secondo coscienza. Noi della S. Vincenzo, che siamo per motivi diversi in contatto con la casa dell’accoglienza Ortles (dormitorio pubblico del Comune di Milano), vi vogliamo rendere partecipi della nostra modesta collaborazione con quel dormitorio. Da oltre un anno consegniamo periodicamente indumenti, biancheria e coperte per gli ospiti di quella casa. E’ lo stesso materiale che arriva al nostro guardaroba e che noi giriamo ai parrocchiani bisognosi e alla suddetta Casa dell'Accoglienza Ortles.

Martedì, 26 dicembre 2006, abbiamo avuto modo di partecipare ad una "Giornata aperta" (con scambio di doni, auguri, giochi, premi) organizzata dal dormitorio Ortles, che ospita in modo continuativo 350 persone senza tetto, ed inoltre, in questo periodo invernale, altre 170 inviate dal progetto "Milano Amica - piano antifreddo 2006-2007”.

La nostra esposizione, necessariamente limitata, é voluta per portare a conoscenza di chi lo ignorasse, questa opera sociale milanese di immensa utilità, ed esprimiamo un grazie per quanto generosamente i nostri parrocchiani donano e per dimostrarvi che quanto viene donato trova poi una collocazione mirata.
L'apprezzamento espresso dai Dirigenti della Casa accoglienza Ortles per la collaborazione della parrocchia Murialdo a mezzo della Conferenza di S. Vincenzo, noi lo giriamo a voi tutti. Il merito é vostro!


Ma. Bru.
Socia S. Vincenzo




L'Opinione


Sollecitazioni di fine anno

Nell’ultimo mese dell’anno che ci ha appena lasciato, due sono stati i temi al centro dei dibattiti sul tema della pluralità culturale e dell’etica: la presenza del presepe nei luoghi pubblici e il criterio da adottare per ritenere una coppia nucleo familiare.

La prima questione è ricorrente tema di stagione: quasi in preda a una fobia, a un laicismo vendicatore, in molti luoghi d’aggregazione e scuole è stato un susseguirsi di revisioni dei canti e degli allestimenti natalizi. Via ogni richiamo a Gesù Bambino dagli inni, fa molto più fine un generico richiamo a pace ed eguaglianza, quasi che Stille Nacht, Notte Silente, contenga invece l’incitamento all’odio. Via i presepi, a vantaggio di un maggiore spazio agli abeti natalizi, in ossequio a una provinciale sudditanza verso le culture diverse dalla nostra.

Viviamo un senso di vergogna nell’apprendere che, tra le parti interessate, la difesa di una delle più antiche nostre tradizioni è stata attuata non già da uno dei “nostri”, da un cristiano, ma dagli stessi musulmani, che hanno dichiarato di non sentirsi assolutamente offesi dalle testimonianze della nostra religione. Anzi, ritengono l’esposizione del presepe del tutto legittima e opportuna.

Tuttavia qualcosa di positivo c’è dato da questi episodi, che hanno sortito l’effetto di risvegliare il nostro interesse verso il presepe e, più in generale, verso le tradizioni e i simboli della nostra fede e cultura. È proprio vero che tutti i mali non vengono per nuocere.

Anche l’altra questione rimbalzata all’attenzione della cronaca è collegata in qualche modo al mese di dicembre, ma non al periodo natalizio bensì alla legge finanziaria che tra i tanti punti oggetto di polemiche ha visto primeggiare quello relativo alla possibilità che il legame di coppia, matrimoniale o di fatto e a prescindere dai sessi che lo compongono, possa essere tutelato dalla legge in egual modo.

È presto per aprire un dibattito, perché non sappiamo se, quando e in quali termini, la questione sarà posta. Qui vorremmo invece sottolineare come il problema sia purtroppo affrontato non per risolvere questioni concrete connesse all’evoluzione dei costumi (ma non a discapito dei valori) e la cui soluzione deve essere ricercata, ma piuttosto con l’obiettivo dell’abbattimento dell’istituto della famiglia tradizionale, a vantaggio di altre unioni a questa parificate. Linea adottata solo in qualche minoritario Paese d’Europa e sconosciuta nel resto del mondo, “civile” o meno.

Resta un fatto incontestabile: in tutte le comunità, sin dalla notte dei tempi, il momento in cui una coppia (un uomo e una donna, è bene precisarlo) dà inizio alla vita in comune nella prospettiva della procreazione dei figli, è sempre contrassegnato da una sacra ritualità, da forti significati sociali, da festeggiamenti importanti. Un motivo ci sarà, e non si capisce perché da noi si vorrebbe banalizzarlo, snaturandolo, riconducendolo a una questione burocratica.

L’anno vecchio ci lascia nuovi problemi. Vedremo quali scelte saranno operate, se verso uno Stato censorio paladino di una malintesa neutralità nei confronti delle diverse presenze culturali ed etniche, oppure no.

Gianni Ragazzi
gianni.ragazzi@iol.it


Ricordiamo: WOLFGANG AMADEUS MOZART

"Una grande persona di cui l'umanità può vantarsi".
Il 27 gennaio è una data molto speciale: è il compleanno del grande Mozart!

questo nome oggi è sulla bocca di tutti e ognuno di noi lo ricorda semplicemente come il grande “Amadeus”. In realtà il suo vero nome era “Theophilus”, il cui significato è “amico di Dio”; solo più tardi il suo nome si trasformò in “Amadeus”, che conserva comunque lo stesso significato e che, forse, evidenzia come il piccolo grande salisburghese del '700 sia stato amato da Dio, come creatura veramente speciale.

Della breve vita di Mozart conosciamo quasi tutto, dal festeggiato bambino prodigio alla fine amara di un compositore che provò su di sé praticamente tutto: successo, amori, ricchezza, ma anche tensioni, speranze deluse, difficoltà finanziarie...

In tutti i suoi meravigliosi 36 anni di vita, sicuramente i momenti di inquietudine hanno largamente superato quelli felici; solo la sua musica è sempre stata trasparente, come una splendida fata che sa consolare le angosce e i dolori così ben nascosti tra le note, ma che riconosce perfettamente chiunque la sappia ascoltare e capire.

Anche oggi, non occorre essere grandi intenditori di musica per ascoltare la musica di Mozart: basta mettersi in attento ascolto, abbandonandosi alle sensazioni uniche che sa regalare.
Un autore come Mozart è uno di quei pochi musicisti che piacciono a tutti; le sue opere sono piccoli capolavori che entrano nel cuore dell'umanità intera e, probabilmente, non esiste persona al mondo che non apprezzi la sua musica.

La sua ultima composizione, la Messa da Requiem, è avvolta nella leggenda, in quanto è il risultato di una strana commissione giunta al musicista durante l'estate del 1791 dal conte Walsegg per commemorare la scomparsa di sua moglie (o per “rubare” a Mozart la sua musica).
Mozart si mise subito all'opera, con grande fretta, quasi con accanimento; non accettò nessuna altra ordinazione e non volle più impartire lezioni di musica, nonostante le pessime condizioni finanziarie e la salute molto compromessa.
Persino la moglie, Constanze, cercò di rianimarlo togliendogli lo spartito, ma la situazione non migliorò affatto e Mozart, a dicembre, dovette mettersi a letto con piaghe alle mani e ai piedi, che lo resero quasi immobile; d'allora in poi si sentì così debole da credere addirittura di essere stato perfidamente avvelenato (la leggenda dice da Antonio Salieri, invidioso di lui).
Segnato dalla malattia, si occupò instancabilmente del Requiem; egli si fece cantare e suonare ogni numero, migliorandolo in alcuni punti e suonando egli stesso le variazioni al pianoforte, anche se ciò gli portava via le ultime energie.

Come vuole la tradizione, il giorno prima della sua morte si fece portare lo spartito e prese per sé la voce di contralto, mentre amici e conoscenti presero le altre. Durante la prima battuta del "Lacrimosa", Mozart ebbe la sensazione di non riuscire a terminare l'opera ma continuò a lavorarci, come spinto da una forza sovrumana e ultraterrena.
Nella notte tra il 4 e il 5 dicembre egli rimase incosciente nel suo letto tra la vita e la morte e morì poco dopo la mezzanotte, dopo aver ricevuto l’unzione dei malati; non venne fatta l'autopsia e il certificato di morte è scomparso (e questo ha ulteriormente alimentato la leggenda su di lui).

Era il 1791 e, a distanza di più di duecento anni, l'umanità sembra non essersi ancora rassegnata alla grande tragedia della morte così prematura di Mozart: resta soltanto la sua musica immortale che, per un uomo vissuto solo 36 anni, consta di 626 composizioni, tra cui 22 opere, 27 quartetti per archi, 50 sinfonie, 28 concerti per pianoforte e 17 messe. Buon compleanno Wolfgang!

Chiara Ciavarella






Carissimi amici,

“Pratichiamo la carità fraterna
né per interesse
nè per motivi umani,
ma unicamente
per la gloria del Padre,
per il bene delle anime
e per motivazioni di fede.
Soltanto questa è carità vera”.
              San Leonardo Murialdo

Da questi insegnamenti del Murialdo è nata la volontà di aiutare chi, in paesi lontani ma vicini ai nostri cuori, ha bisogno di tante preghiere ma, soprattutto, di aiuto concreto.

Elena e Marco hanno voluto ricordare mamma Mariella e la zia Luciana così, sostenendo alcuni micro-progetti a favore dei bambini della Missione Giuseppina di Bissau.

Le necessità sono molte, ma l’unione fa la forza e, per ricordare in questo gesto di bene Mariella e Luciana Dal Ben, si sono mossi in tanti: il gruppo Ex Oratoriali, le maestre della scuola di Sedriano - colleghe di Luciana - parenti e amici.

Così con il contributo di tutti è stato possibile dare il via alla realizzazione dei seguenti progetti:

  • stipendio per 9 mesi a 6 insegnanti della scuola elementare
  • un panino al giorno a 100 ragazzi per 9 mesi - con margarina e zucchero o cioccolata - come integrazione al loro povero pasto a base di riso
  • acquisto 60 tavolette di compensato e 25 panche da 4 posti che servono anche per la celebrazione della Messa domenicale
  • ampliamento di una tettoia di lamiera zincata.
Per un totale di euro 4.750,00 che sono state interamente inviate alla Missione di Bissau.

Attraverso queste righe, Elena e Marco vogliono ringraziare tutti coloro che hanno contribuito con tanto entusiasmo al loro desiderio. Ricordare i propri cari seminando il bene è la miglior preghiera e tutto ciò sale gradito al cuore di Dio.
“In verità, in verità vi dico, ogni volta che avete fatto il bene a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Un saluto carissimo a don Pierangelo e a tutta la comunità di Bissau.

Remo Chiavon



don Angelo è tornato alla casa del Padre

Con tanta tristezza, comunichiamo agli amici Ex Oratoriani e ai parrocchiani che il giorno di Natale il Signore ha chiamato a sé don Angelo Bozzi.

Servo fedele e buono ha svolto con fedeltà il suo ministero sacerdotale come parroco in varie parrocchie della Lombardia e negli ultimi anni come cappellano in alcuni ospedali milanesi .

Don Angelo Bozzi ex oratoriano del Murialdo è nato alla “Cascina” Corba ed è stata la prima vocazione sacerdotale della nostra parrocchia.
Ultimamente era ricoverato all’Istituto Palazzolo, dove giovedì 28 dicembre si sono svolti i funerali presieduti dal vicario generale della diocesi Mons. Redaelli. Presenti alla celebrazione un bel gruppo di Ex Oratoriani, sacerdoti e amici diocesani.

Alla sorella Virginia, al fratello Mario e ai familiari esprimiamo la nostra partecipazione al loro dolore.

Francesca Montanari


Spazio aperto ai   lettori

Il viaggio di Ester

Rieccoci. Quante volte l’aveva vissuto quel viaggio! Eppure, ad ogni suo ritorno il paesaggio mutava. Le dune, il deserto, le oasi si rinnovavano come nuova stagione, e lei ogni anno attendeva con ansia una sorpresa da quello scenario arabo, accecante di giorno ma teneramente intimo al crepuscolo e di notte.

Proprio la notte aspettava Ester. Il buio sarebbe caduto all’improvviso, strappando dall’alto l’intensità della luce fino a spegnere il carminio del tramonto, alcuni lumi dei bivacchi già palpitavano attorno, lanciando crepitanti i loro richiami, dai pochi casolari la luce giallognola delle lampade scivolava sotto gli usci morendo poco oltre nelle dense ombre.

C’era tutto, come sempre. Lontano il castello truce e bianco come il ghigno di un teschio minacciava il tramonto in bilico sopra un precipizio nero come la pece, dove anche le luci languivano impaurite; poco oltre il paesaggio si addolciva chiudendosi attorno a lei come se volesse stringersi nella brevità di uno sguardo. Il ruscello, i dossi, il laghetto grande, quello piccino e laggiù in fondo il casolare illuminato dove da sempre si dirigevano tutti.

Ester era vecchissima, ma sapeva che con un po’ di fortuna avrebbe rivissuto ancora per molti anni quell’incantesimo che si consumava in pochi giorni.

Sì, era proprio strano questo viaggio, ma lei si ritrovava con gli stessi palpiti gioiosi di ogni volta, con lo stesso stupore di muoversi come in un bosco in casa.

Fece il giro del lago grande, macchiato da pallidi chiarori lagunari, la superficie levigata e lucida rifletteva cespugli di pigne, sassi, e il pallido viso di Ester. Era l’unica occasione che aveva durante l’anno per potersi specchiare, lo faceva per tenersi compagnia non per ambizione, su quella sponda con la sua immagine lasciò il rimpianto.

Oltre, in una minuscola depressione accogliente come un grembo, una palma allampanata allungava il collo per richiamare la sua attenzione, le radici, solenni e generose, proteggevano una delicata figura accovacciata, anche lei immobile guardava nella direzione che portava al sentiero dove stava Ester, una striscia di segatura si dissolveva in polvere d’ocra fin quasi all’ingresso della capanna illuminata che si apriva come un invito. Sulla soglia indugiavano quei tre signori che sembravano vestiti d’oro, le loro vesti dai colori smaglianti lampeggiavano sotto mantelli preziosi.

All’interno, l’uomo e la donna erano vecchi quanto lei, i loro lineamenti apparivano meno perfetti e nitidi di quei tre sontuosi personaggi rimasti all’ingresso, il tempo li aveva levigati , regalando a quei contorni smussati una dolcezza antica, le pieghe delle vesti cadevano rigide, annerite dalla polvere del tempo che nessuno aveva voluto togliere per meglio ricordare.

La familiarità di quelle figure raggiunse il cuore di gesso di Ester, fece appena in tempo a dare un ultimo struggente sguardo a quel piccino addormentato fra loro, poi una grande mano, che oscurò metà del paesaggio, la raggiunse dall’alto, si sentì sollevare, tutto si allontanò da lei, e quando venne deposta nella scatola dove sul coperchio stava scritto - statuine Presepio - pensò già al prossimo Natale, a un nuovo paesaggio, a quel viaggio verso l’amore che si ripete sempre, ogni anno.

Isabella Cattaneo Morini


Gli amici della filo-sophia

Qual è la domanda che fonda il discorso filosofico, se non quella medesima domanda che ricerca il senso ultimo dell’essere? Questa ricerca può fermarsi al di qua dell’Ulteriore che è impresso nel cuore di ogni uomo o deve necessariamente legarsi all’esperienza di questo Altro? In altre parole, la filosofia e la religione in che rapporto sono? Queste sono le domande da cui vorrei partire per aprire una nuova parentesi nello svolgersi di questo mio servizio. Da una parte vorrei portare degli esempi di come il problema del senso della religione è stato affrontato dal pensiero filosofico, dall’altra vorrei provare a raccontarvi quale sia e quale è stato, il rapporto tra la filosofia e la teologia.

Nel Medioevo si definiva la filosofia come ancella della teologia. Bisogna intenderci sul significato della parola teologia; ogni teologia è una lettura del dato rivelato fatta grazie o attraverso categorie di pensiero. Ad esempio, quando parliamo di “peccato” non potremmo comprenderne totalmente il senso se non avessimo prima chiara la definizione del concetto di “colpa”.
Le parole, i segni linguistici possono essere simbolo perché precisate concettualmente dalla filosofia. Cos’è un simbolo? Il simbolo è quel particolare segno che, oltre a significare primariamente qualcosa, contiene in sé un rimando a qualcosa d’altro. Questo qualcosa d’altro non è immediatamente comprensibile nel segno/parola, ma traspare in esso. E’ come una figura celata dietro un velo: ne vediamo i contorni, la forma, ma nulla di più preciso. Fin qui l’apporto della filosofia alla teologia, ma qual è il valore di cui la teologia può incrementare la filosofia?

Cercherò di spiegarmi, seguendo l’interpretazione di V. Melchiorre e chiamando in causa Kant. Quest’ultimo affermava che “dato il condizionato ad un tempo è dato anche l’incondizio-nato”. Ossia che dato il sensibile, dato il mondo, dato ciò che proviene da Altro, questo stesso dato rimanda a ciò che lo determina, a Ciò che lo fa essere. Tuttavia, lo stesso Kant affermava che se gli fosse stato chiesto dell’esistenza di un Principio ultimo della realtà, egli avrebbe risposto che certamente esisteva, ma che non si poteva “determinare”, ossia conoscere.
Un po’ come coloro che quando sono posti di fronte alla domanda “credi in Dio?” rispondono che credono in qualcosa di Superiore. Questo tipo di risposta si chiama deismo. Noi invece vogliamo arrivare ad un teismo (affermazione della realtà del divino inteso come persona trascendente) perché, altrimenti, ciò di cui parliamo resterebbe talmente astratto e vago da esser vuoto. Come fare? Proprio attraverso L’Evento cristiano; quell’evento in cui Dio rivelandosi con la sua entrata nel mondo, al tempo stesso si nasconde a noi nel Mistero dell’Incarnazione. In questa prospettiva simbolica la speranza è che il volto di Dio possa risplendere nel volto dell’uomo. Ossia che il rinvio ad un Altro, possibile grazie alla partecipazione dell’uomo al divino, dia un contenuto determinato al concetto del “principio ultimo della realtà” a cui arriva la filosofia, ma che da sola non può determinare. [continua]

Valentina Caleca




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IX Consiglio Pastorale Parrocchiale 2006/2011