camminare insieme Giugno 2007 |
Guardiamo avanti con speranza
“...Perché non costruiamo ponti…” “...per incontrarci?”
Così un parrocchiano mi ha inviato una mail qualche mese fa.
E continua: “ci sono sempre tante cose che ci dividono”.
“Allora perché non costruiamo ponti, per incontrarci, parlarci e capirci, per imparare, per pregare”.
“Ponti tra famiglie, tra collaboratori, ponti tra parrocchiani, ponti tra noi e il Signore”.
Ecco perché l’anno pastorale che sta per concludersi ci ha visti impegnati in una serie di proposte significative, intelligenti e spesso molto partecipate, per creare ponti.
Siamo partiti con il rinnovo del Consiglio Pastorale e subito dopo con gli Esercizi Spirituali con la brava Elide Siviero, che inviteremo ancora, tanto ha saputo trasmettere gioia e fede nel Signore.
Il tema della famiglia è stato il leit motiv del piano pastorale sia con la formazione dei catechisti a livello decanale e sia con i genitori con i quali ci siamo messi in ascolto.
Grande entusiasmo ha suscitato il passaggio per le parrocchie del Crocifisso di San Damiano per le efficaci provocazioni del bravo fra Paolo e le “Lectio Divina” della biblista Pia Compagnoni.
Applauditissimo lo spettacolo “Forza Venite Gente” del nostro gruppo teatro Murialdo a conclusione dell’itinerario del poverello d’Assisi.
Il tempo Pasquale è stato in decanato veramente un generoso susseguirsi di forti iniziative con il convegno decanale “Più Famiglia”, poi l’incontro entusiasta con Ernesto Olivero e i giovani del Sermig di Torino e infine l’applauditissimo p. Sorge che ha saputo entusiasmare l’attenta e numerosa assemblea.
La festa di Pentecoste - festa dei Popoli alla 3a edizione ci ha fatto vivere la speranza.
Bravi i giovani scout che hanno voluto farsi sentire vivendo il primo centenario con gioiose manifestazioni.
Mentre sto scrivendo queste righe penso al bel gesto di devozione Mariana decanale di fine mese di maggio.
Metto sotto la protezione della Vergine la gioiosa esperienza dell’estate di tanti ragazzi che impegneranno il nostro don Samuele e tante persone di buona volontà.
Già c’è aria di vacanza per molti. Pesaro e poi Clusone aspettano i più anziani. “L’arco non può sempre star teso né la fragilità umana può resistere senza qualche legittima ricreazione” scriveva Miguel De Cervantes nel “don Chisciotte”. C’è bisogno di ricreare la propria salute fisica. Spesso ci si accorge del valore che essa ha, quando incomincia a venir meno. C’è bisogno di ricreare la salute mentale. Circondati dal frastuono, vittime di un attivismo frenetico, è sempre più problematico sottrarsi al dominio del rumore e dall’egemonia della chiacchierata inutile.
La sosta della vacanza è momento favorevole anche per ricreare le relazioni interpersonali. Penso al dialogo nella coppia: si tratta di ricreare l’incanto del primo amore e della comunione profonda, del dialogo con i figli.
Penso al rapporto con gli amici: Antoine de Saint Exupery scriveva nel “Piccolo Principe”: “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici!”.
Occorre ri-creare la nostra vita spirituale. E attenzione al nostro rapporto con Dio. L’incontro con Dio è spesso un incontro nel silenzio e nella solitudine. Dio nella preghiera ci parla: pregare è ascoltare Dio. Metti nella tua borsa da viaggio un Vangelo, la Bibbia, un libro di spiritualità. Proponiti un po’ digiuno televisivo.
Voglio esprimere un pensiero per coloro i quali a causa di ristrettezze economiche o perché malati, non possono permettersi una vacanza. A loro sono molto vicino con il mio affetto e la mia preghiera. Auguro che il periodo estivo sia per tutti un momento di “ricreazione”. Buona vacanza.
Don Guglielmo Cestonaro - Parroco
gcestonaro@murialdo.org
Il 16 maggio ricorre il 15° anniversario di Sacerdozio del nostro don Sandro Girono.
Ancora una volta lo ringraziamo per quello che ci ha donato negli anni passati nel nostro oratorio.
Don Sandro celebrerà con noi una Messa di ringraziamento il 3 giugno alle ore 10.00.
È tornato alla casa del Padre don Paolo Signorino, sacerdote Giuseppino.
Negli anni 1951/1966 ha svolto il suo ministero nella nostra Parrocchia come Direttore della scuola media Murialdo e consultore economo.
La Comunità parrocchiale e il gruppo Ex Oratoriani lo affidano alla tenerezza di Dio perché possa condividere la gioia dei nostri Santi.
ORATORIO ESTIVO 2007: CARS!
Anche quest’anno la Parrocchia propone l’Oratorio Estivo.
Per i bambini e i ragazzi da 6 a 14 anni, dall’11 giugno al 15 luglio vivremo in oratorio una fantastica avventura
“CARS”. La giornata, dalle ore 8,00 alle 17,15, sarà scandita da momenti di animazione, gioco, gite. Iscrizioni a partire dal 7 maggio dalle ore 16,30 alle 18,30 in oratorio.
Sabato 14 e domenica 14 aprile una quindicina di adolescenti con i loro animatori hanno iniziato a Pinerolo (TO) la preparazione dell’oratorio estivo insieme ad altri 200 animatori delle opere Giuseppine del Nord Italia. Hanno riflettuto sulla spiritualità dell’animatore e si sono preparati nei laboratori di manualità ed espressività.
Appuntamento con il | |
“A 40 anni del Concilio Vaticano II: luci e ombre nella Chiesa, ruolo della famiglia e del laicato in un contesto multiculturale”, questo il tema dell’incontro del 22 maggio col gesuita P. Bartolomeo Sorge nella gremita e caldissima sala Paolo VI.
Presentando la realtà del decanato Giambellino, il Decano don Guglielmo ha manifestato la necessità di riflessione sul laicato, sulle nuove povertà che chiedono nuovi approcci pastorali e ha evidenziato la mancanza di un laicato maturo.
P. Sorge ha spaziato dalla situazione contingente:
- “Noi abbiamo interrogativi difficili perché non è normale quanto sta accadendo: si denunciano e si accusano incursioni della Chiesa nella vita dello Stato”
- alla interpretazione del momento storico che stiamo vivendo - “Questo nostro tempo è il tempo del discernimento: i modelli formativi usati fino a poco tempo fa non sono più adatti oggi e quelli di domani non li abbiamo ancora”.
È necessaria una riflessione seria su vita cristiana e vita democratica, su fede e politica, sull’essere e vivere da cattolici e laici: quali relazioni nel contesto attuale di minoranza? Quale coerenza di fronte alle offese esplicite al Papa? Perché i cattolici oggi appaiono e sono esitanti? Alla luce del Concilio Vaticano II quali comportamenti adottare? Quali decisioni prendere sui nuovi temi etici?
Il cristiano, il laico maturo deve andare per strada, nel mondo secolarizzato, ed essere se stesso.
P. Sorge ha descritto lo scenario ponendo tre domande.
a) Quale rapporto tra la comunità ecclesiale e la politica?
Come è stato sottolineato anche recentemente dalla “Deus caritas est”, la missione che Gesù ha affidato alla sua Chiesa è di ordine religioso. Alla fede è attribuito lo scopo di vivere in una luce diversa il bene della comunità attraverso la politica, così come il fine della politica è fare il bene dei cittadini, ed è per questo che la politica deve rimanere laica. Questo è rimanere fedeli al Concilio: la Chiesa è indipendente dalla politica ed entrambe devono essere libere nello svolgere i propri compiti, e la famiglia è il valore sul quale ci deve essere identità di vedute per il bene comune.
b) Quale confine tra fede e politica?
Il laicismo nasce in Francia con l’illuminismo, contro il potere temporale, facendo largo alla dea Ragione. La religione diventa una questione privata in quanto considerata inutile. Servono le scienze politiche, economiche, sociali: alla fede non sono riconosciute ricadute sociali.
Si deve essere ostinatamente fermi sulle ragioni della fede, fare sintesi e impegnarsi non per imporre, ma per tradurre in modo comprensibile le necessità e le motivazioni profonde della fede. La Chiesa, i preti non possono fare la politica attiva, militante legandosi a un partito. Alla Chiesa compete una Politica di livello più alto che dà indicazioni ma che non è schierata.
c) Quale è il comportamento di un laicato maturo?
La Chiesa si deve astenere dalle ingerenze nella vita politica e non deve svolgere attività di supplenza non richieste da situazioni di emergenza, perché il rischio è quello di fare pagare alla Chiesa lo squilibrio originato dall’assenza di un laicato maturo.
Rivalutare il laicato - uomini e donne - perché il laico deve essere il propagatore delle istanze della fede. Per il Concilio Vaticano II, i laici devono operare direttamente in modo concreto nella società.
Alla luce dell’evidenza che la Chiesa ora è minoranza, del nuovo paganesimo verificabile in ogni ambiente, è importante la necessità di formazione per preparare i laici affinché insieme con i preti lavorino insieme sui temi pastorali.
La forza della Chiesa non è la politica, ma la Parola di Dio, è la santità, è la povertà. La forza religiosa, la sua missione, è etica, e politica e religione non debbono essere mutuamente utilizzate.
Giuseppe Giandomenico
ggiando@libero.it
Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio
(Gn 44-45) |
[32] Ma il tuo servo si è reso garante del giovinetto presso mio padre: Se non te lo ricondurrò, sarò colpevole verso mio padre per tutta la vita.
[33] Ora, lascia che il tuo servo rimanga invece del giovinetto come schiavo del mio signore e il giovinetto torni lassù con i suoi fratelli!
[34] Perché, come potrei tornare da mio padre senz'avere con me il giovinetto? Ch'io non veda il male che colpirebbe mio padre!».
[1] Allora Giuseppe non potè più contenersi dinanzi ai circostanti e gridò: «Fate uscire tutti dalla mia presenza!». Così non restò nessuno presso di lui, mentre Giuseppe
[2] Ma diede in un grido di pianto e tutti gli Egiziani lo sentirono e la cosa fu risaputa nella casa del faraone.
[3] Giuseppe disse ai fratelli: «Io sono Giuseppe! Vive ancora mio padre?». Ma i suoi fratelli non potevano rispondergli, perché atterriti dalla sua presenza.
[4] Allora Giuseppe disse ai fratelli: «Avvicinatevi a me!». Si avvicinarono e disse loro: «Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l'Egitto.
[5] Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita.
[6] Perché già da due anni vi è la carestia nel paese e ancora per cinque anni non vi sarà né aratura né mietitura.
[7] Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente.
[8] Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio ed Egli mi ha stabilito padre per il faraone, signore su tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d'Egitto.
L’ultima parte del libro della Genesi racconta la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli e del loro insediamento in Egitto.
La figura e la storia di Giuseppe hanno un posto particolare nel Vecchio Testamento. Ci viene presentato un uomo molto “umano”, ricco di capacità, abile nel governo, astuto e nello stesso tempo con una struttura morale superiore a quella dei fratelli.
E’ l’espressione dell’uomo saggio secondo la Bibbia; il timore di Dio gli dona l’intelligenza per interpretare i sogni, che gli causerà l’invidia dei fratelli che decidono di eliminarlo. In tutto l’episodio domina il silenzio di Giuseppe che subisce. I disegni malvagi non hanno l’effetto voluto e Giuseppe approda in Egitto, dove, forte della sua fiducia in Dio, riesce, dopo varie vicissitudini a conquistarsi la benevolenza del Faraone fino a diventarne primo ministro.
E’ a questo punto che rincontra i suoi fratelli e i cap 44 e 45 rappresentano il nocciolo della conclusione di tutta la vicenda: di fronte al pentimento e alla presa di responsabilità dei suoi fratelli Giuseppe non sa resistere alla riconciliazione e al perdono e disvela il senso di tante sofferenze e traversie.
L’interpretazione teologica della storia di Giuseppe consiste nel fatto che egli fu rapito e venduto in Egitto non per la cattiveria dei suoi fratelli gelosi, ma per un disegno previdente di Dio, che voleva conservare la vita e la discendenza del suo popolo e voleva salvarlo con una grossa liberazione.
Non sono stati loro a mandarlo in Egitto, ma Dio lo ha stabilito come "padre" del Faraone. (Con questo termine, nella Bibbia, si indica colui che è sapiente e guida sulla via del bene, il buon consigliere).
Dalla storia di Giuseppe e dei suoi fratelli emergono alcune conclusioni: la prima, che tutta questa vicenda va interpretata alla luce del disegno di Dio, Dio ha voluto così perché ne uscisse un bene più grande.
La seconda, che fratelli non si nasce ma si diventa. Ogni vita fraterna si costruisce attraverso la grazia e il peccato; il vero fratello è colui che prende su di sé la sofferenza sua e degli altri. Il sacrificio e l’umiliazione sono la regola capace di salvare la fraternità. Per questo Giuseppe è annuncio del Cristo, servo sofferente, e il Cristo non chiederà altro ai suoi discepoli che di amare come lui ha amato, rinunciando a sé stessi.
Gabriella Francescutti
FESTA PATRONALE
In occasione della festa del nostro Patrono San Leonardo Murialdo il 18 maggio ha presieduto la celebrazione
mons. Paolo Mietto, Vescovo nella missione Giuseppina del Napo in Ecuador. Nella sua omelia ci ha parlato della sua esperienza umana e apostolica di missionario impegnato costantemente al servizio del Vicariato.
Con le parole del Murialdo ci ha invitati ad abbandonarci nelle braccia misericordiose di Dio e lasciarci amare da Lui. Lui deve essere l’unico a guidare i nostri passi.
La festa è proseguita domenica 20 maggio e ad aprirla è stata la Celebrazione Eucaristica nel cortile dell’oratorio.
Una Messa sentita e partecipata: chi era presente poteva sentirsi parte della “famiglia” del Murialdo, grazie anche all’omelia di don Angelo Catalano che ci ha fatto conoscere e avvicinare di più alla sua spiritualità. Nel pomeriggio ci siamo ritrovati per animare e accogliere tutti coloro che con la loro presenza hanno contribuito a rendere bella la festa dell’oratorio.
Ringraziamo tutti i collaboratori che si sono lasciati coinvolgere per la buona riuscita della giornata, con la speranza che ogni ragazzo o adulto davanti a uno stand ricordi non solo la gioia di aver giocato, vinto o mangiato qualcosa, ma soprattutto la gioia vera di essere parte di una comunità.
Paola Siconolfi e Stefania Avegnano
In memoria di Mauro, Maria e Marianna |
Il dopolavoro ferroviario di Milano in collaborazione con il comitato provinciale F.C.I. organizza il 17 giugno 2007 il 3° memorial “Marianna, Mauro e Maria: sempre con noi”, il raduno cicloturistico anche quest’anno, sarà dedicato alla memoria dei nostri cari amici scomparsi il 28 maggio 2004 in un incidente stradale, avvenuto mentre si recavano nella regione in cui si sarebbe svolta una di queste competizioni sportive.
Tutti i partecipanti a questa manifestazione vogliono ricordarli con una preghiera di suffragio per il loro memorial: alle ore 8,00 del prossimo 17 giugno davanti al centro sportivo di Piazza Tirana, con la presenza del nostro parroco. Marianna, Maria e Mauro, il vostro caro ricordo resta sempre in tutti coloro che vi hanno incontrato. Vi ricordiamo nella preghiera e resterete per sempre nel nostro cuore.
Luigi Corlianò
Amici del Murialdo di Milano: GRAZIE!!!
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Ho ricevuto la vostra generosa offerta di ben 5000 euro a favore dei seminaristi giuseppini delle nostre missioni dell’Africa. In quanto a spirito aperto e solidale non vi smentite!
D’altronde, conoscendo bene la vostra sensibilità missionaria e il vostro cuore “internazionale”, non mi meraviglio più di tanto. Congratulazioni! Dedicando la vostra Quaresima di Fraternità ai giovani africani che si stanno preparando a diventare Giuseppini (circa 30), avete centrato nel segno con lungimiranza, perché seguire questi ragazzi, conoscitori della lingua e della cultura africana che vogliono mettersi in cammino sulle orme del Murialdo per servire da consacrati i bambini e i giovani più poveri, è per noi una priorità in questo momento. Ogni giorno in tutte le nostre comunità dell’Africa si prega per i benefattori, quindi sappiate che quotidianamente c’è qualcuno in quest’angolo del continente nero che vi ricorda davanti al Signore!
Molti di voi mi hanno chiesto come sono stato accolto da queste parti (a ormai 10 mesi dal mio arrivo stabile); vi rispondo da queste righe dicendovi che l’accoglienza africana è veramente impareggiabile: ti sembra di essere a casa e di conoscere tutti anche se sei appena arrivato! C’è un sacco di gente che impara subito il tuo nome, che ti saluta per strada, che agita la mano e ti sorride ogni volta che ti vede e ti chiede immancabilmente “How are you?” o “Como estàs?” ti dice “Welcome” o “Bem-vindo”. Per loro è normale chiamarti “friend” o “amigo”, darti la mano in continuazione e appoggiare l’altra sul cuore! Onorarli di una visita nella loro casa è uno dei regali più grandi che puoi fare loro.
Sono anche queste le cose che ti restano dentro e ti fanno facilmente ammalare del “mal d’Africa”, con una gran voglia di tornare se sei lontano da loro. Io stesso che, dovendo spesso muovermi nelle nostre varie sedi africane, ho solo presenze periodiche e non conosco ancora bene tutti, sono sempre stato accolto con simpatia e cordialità da tutti, anche perché l’africano ha una grande considerazione e rispetto per l’autorità. Poi con alcuni nasce naturalmente una maggiore confidenza e amicizia, come dappertutto; e con quelli allora ci si abbraccia con un’intensità particolare! Insomma sono stato accolto con la stessa cordialità e amicizia che trovo quando vengo tra di voi … i valori belli sono uguali ovunque! Grazie ancora!
Buon cammino a tutti e … continuate a starci vicini, perché farà bene anche a voi!
Sabato 26 Maggio, ha avuto luogo nella nostra parrocchia la terza edizione della Festa Tra i Popoli organizzata dal Gruppo Missionario “Ettore Cunial” ... e non è un traguardo da poco.
Da tre anni, come Gruppo Missionario, ci impegniamo affinché questa importante iniziativa possa diventare un momento di dialogo, di fratellanza, di conoscenza e di grande festa con le comunità straniere che abitano vicino e in mezzo a noi.
Viviamo in quartieri sempre più multietnici, dove dimorano comunità di persone che provengono da ogni parte del mondo, con tradizioni religiose e sociali differenti dalle nostre, ma non per questo queste differenze devono diventare muri invalicabili. Non dobbiamo vivere la diversità come un freno verso l’integrazione, ma come un arricchimento del modo di vivere la nostra cristianità e la nostra missionarietà sul territorio.
Essere “missionari”, infatti, non è soltanto prendere e partire per paesi lontani, come molti possono pensare, ma è anche guardarsi intorno nel nostro quotidiano e mettersi al servizio sul territorio con spirito d’amore cristiano.
Non dobbiamo permettere che le crescenti comunità di stranieri vengano isolate o si isolino, ma dobbiamo tutti rimboccarci le maniche affinché l’isolamento diventi integrazione, condivisione, partecipazione e non generi problemi che accentuino attriti molte volte insanabili.
Proprio per questo la nostra proposta è una delle strade che possiamo percorrere per creare aggregazione tra le diverse comunità e per sensibilizzare il nostro essere cristiani sul tema della immigrazione.
La festa vera e propria è stata preceduta in mattinata da un incontro tenutosi presso i locali del vicino Liceo Marconi, a cui purtroppo hanno partecipato non più di una trentina di persone. Già questo ci fa capire quanta strada ancora dobbiamo percorrere per portare il messaggio della fratellanza e della integrazione nel cuore di tutti.
Nel pomeriggio invece, il cielo si è tinto di grigio, ma l’oratorio si è tinto di colori, si è riempito del vociare dei bambini, si è aperto ai laboratori, ai giochi, alla musica, agli spettacoli, alle competizioni sportive, ai canti e ai balli popolari che hanno allietato la giornata di quanti si sono ritrovati a fare festa.
La cena multietnica, alla quale hanno collaborato portando le loro specialità gli amici dell’Egitto, El Salvador, Eritrea, Filippine, Italia, Marocco, Perù e Sri Lanka è stata come sempre il momento con la maggiore partecipazione di tutti. Per tutto il pomeriggio c’è stato un viavai di persone che hanno portato ogni tipo di contenitore pieno di specialità culinarie, tanto che ben presto le mescolanze di questi profumi nell’aria hanno solleticato i nostri palati e i tavoli preparati in modo semplice si sono riempiti di coreografiche prelibatezze.
E’ ancora una volta il cibo quindi il filo conduttore che può essere usato per appiattire le differenze e farci apprezzare coloro che si siedono al nostro fianco per quello che sono, indipendentemente dal modo di parlare, dal modo di vestire, dal colore della pelle e dalla religione.
Questo non ci rimanda forse a riscoprire l’importanza di un’altra “cena” importantissima per noi cristiani e che viene celebrata in modo solenne ad ogni Santa Messa?
Roberto Siconolfi
Pubblichiamo questa lettera arrivata in redazione.
Vorrei tornare sul tema della Confessione per esprimere alcune considerazioni e per porre alcuni quesiti che potrebbero essere lo spunto per ulteriori approfondimenti.
A questo Sacramento giungono attentati da tre direzioni:
dall’uomo emancipato, dal cristiano riformato e soprattutto dal cattolico adulto.
L’uomo emancipato non si inginocchia più, né al confessionale né altrove, sta in piedi e non ha nulla di cui scusarsi davanti a Dio. Caso mai tocca a Dio rendere conto del proprio operato davanti all’uomo moderno per come vanno le cose.
I figli della riforma, i protestanti e i derivati negano che la confessione sia stata istituita da Cristo e di conseguenza che sia mai stata creduta e praticata dagli Apostoli e dai primi cristiani; negano che la remissione dei peccati sia legata al ministero sacerdotale e affermano al contrario che i peccati sono da “confessare” a Dio direttamente. Molti cattolici purtroppo stanno seguendo questa via.
Il cattolico adulto: scimmiotta le pose del non credente nel tentativo di vincere il complesso di non essere abbastanza moderno per rincorrere i nuovi dogmi del politicamente corretto.
Per molti “credenti adulti”, infatti, l’unico vero peccato è l’indifferenza verso gli emarginati o gli immigrati, a cui logicamente si rimedia più con un adeguato impegno per l’accoglienza, che frequentando la confessione.
Si capisce allora come la Confessione sia ritenuta da molti ormai superata, tutt’al più, la si può considerare un dialogo tra amici con un vago sfondo psicologizzante.
Io mi permetto di considerare tutto ciò grande ignoranza nel senso più letterale del termine, pertanto chiedo: non è, per caso, che ultimamente i sacerdoti si siano dimenticati di chiarire, visto i tempi, il vero senso della Confessione e cos’è il peccato? Sembra che ormai tutto sia concesso, si confonde il male con il bene. Si critica la Chiesa e il suo Magistero quando cerca di ricondurre tutto ciò sulla retta via.
Forse è il caso di far ripassare il Catechismo poiché molti lo hanno dimenticato.
Un esempio concreto lo abbiamo avuto quando è scoppiato il caso Welby: Laici e cattolici adulti si sono indignati perché il Vicariato di Roma non ha concesso le esequie religiose a Piergiorgio Welby. Si possono capire, laici, atei e agnostici, che a digiuno di questioni dottrinali discettino senza particolare cognizione di causa, ma le obiezioni dei cattolici non sono giustificabili. Il Magistero afferma che un peccato è mortale a tre condizioni: materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. Nella fattispecie del caso Welby, tutti gli elementi erano presenti.
Materia grave: suicidio.
Piena avvertenza: Welby era assolutamente conscio e lucido.
Deliberato consenso: la volontà di morire non era condizionata da alcuno. Inoltre, il Magistero aggiunge che se un peccato mortale non viene umilmente confessato, la Chiesa può solo rimanere a guardare, al massimo pregare, ma assolutamente non somministrare sacramenti o elargire riconoscimenti religiosi.
Ora umilmente chiedo, come è possibile parlare di Confessione se non si è in grado di identificare i peccati da confessare?
Questo è quanto avevo in animo di esplicitare, non so se può essere un contributo al tema della Confessione, ma secondo il mio modesto parere sono spunti di riflessione, anche se un po’ forti per i tempi che corrono, comunque sono convinto che una buona Confessione la si può fare solo se si ha un minimo di fede e di umiltà.
Giuseppe Canestraci
Il grazie del Presidente
Dopo 16 anni di mia presidenza presso la Casa Materna Asili Nido, rivolgo un saluto alle famiglie dei bambini che in questi anni hanno frequentato la nostra struttura.
Ringrazio tutto il personale scolastico e amministrativo e mi rivolgo con particolare gratitudine a tutte le Suore dell'Ordine delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù che, nel corso degli anni, si sono succedute con grande spirito costruttivo e intelligente collaborazione. A loro va ascritto il merito di aver coagulato attorno alla Casa Materna un giudizio positivo da parte di tutti i frequentanti. A loro quindi il mio grazie più sincero, rammaricato però dalla decisione di lasciare, seppur per motivi del tutto comprensibili, la splendida opera svolta presso di noi. Nel corso dei prossimi anni la Casa Materna ricorderà con nostalgia e rimpianto le sorelle che stanno per lasciarci.
A chi è stato designato alla mia successione e al personale tutto rivolgo il mio augurio di buon lavoro.
Vittore Bompani
E il grazie della Parrocchia
Un grazie di vero cuore a Suor Maria Carla, Suor Carmelina e suor Brigida da tutta la comunità, soprattutto dai bambini del catechismo, dell’oratorio estivo; dai malati, di cui si sono presi tanta cura come Ministri della Comunione e alla Fondazione Biffi.
Inaugurazione di due dipinti nella
CAPPELLA S. GIANNA BERETTA MOLLA
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Domenica 27 maggio ho vissuto un pomeriggio bellissimo. Alle 19,00, durante la Messa, sono stati inaugurati due splendidi dipinti nella cappella di via Gonin, ma tutta la celebrazione è stata particolare e molto seguita da tutti i presenti.
La Messa è stata ufficiata da don Tiziano Sangalli, rettore del Santuario della Famiglia di Mesero dedicato a Santa Gianna Beretta Molla. Don Tiziano ci ha parlato di lei nella sua omelia, spiegandoci con parole semplici ma indimenticabili chi era davvero la Santa a cui è dedicata la nostra cappella: una donna come tante, amante della vita e delle cose quotidiane, ma nello stesso tempo votata alla spiritualità ed al bene. Mi ha molto colpito il fatto che la scelta di Santa Gianna non sia stata quella di andare in missione in Paesi lontani, ma vivere la vita "normale" aiutando gli altri e diventando per così dire missionaria fra la sua gente. Mi sono venute le lacrime agli occhi quando ho sentito come Gianna - che nella sua vita terrena non ha mai operato miracoli - aiutava le persone bisognose che ricorrevano a lei come medico condotto: con amore e con una delicatezza che solo una donna ed una mamma possono avere. Anche la sua scelta di continuare la gravidanza nonostante il pericolo che correva mi ha fatto capire quanto questa donna sia stata coerente fino in fondo con le sue convinzioni e la sua fede. Don Tiziano ci ha parlato a lungo, ma avrei voluto che l'omelia continuasse ancora, perché tutti i presenti erano attentissimi ed affascinati dalle sue parole.
Al termine della Messa hanno preso la parola gli autori dei due dipinti che sono stati inaugurati: un grande quadro di Gesù risorto con gli Apostoli ed uno di Santa Gianna con i suoi due bambini.
Sono rimasta colpita nel sentire la pittrice del bellissimo cero e del quadro di Gesù, Annarita Alberton spiegare nei dettagli il significato profondo della raffigurazione e della cena: Cristo risorto nella sua Chiesa vivente. Anche il contributo del marito Rocco mi ha toccato per l'intensità e la religiosità che trasparivano dalle sue parole. Ha poi preso la parola Claudio Gallotti, che ha dipinto il quadro di Santa Gianna come ringraziamento per un voto che aveva fatto anni fa in una circostanza molto triste; la sua richiesta di aiuto è stata esaudita, e lui ha scelto assieme a don Guglielmo di dipingere un quadro che rappresenta la nostra Santa come davvero era: una donna ed una mamma formidabile, simbolo di tutte le donne e le mamme del mondo votate alla santità.
Dopo la messa è stato preparato un rinfresco, che ha concluso in maniera molto simpatica la bellissima giornata.
Sveva Cattaneo
“Sono qui per te!
Oh Signore sono qui,
cuore a cuore sono qui per te,
per capire tu cosa vuoi da me,
un ragazzo come tanti”.
Sono le parole del canto che i ragazzi della Prima Comunione 2007 hanno intonato per sentirsi più vicino a Dio, al loro Padre. Quattro gruppi: i primi due venerdì 27 aprile e gli altri due venerdì 4 maggio hanno ricevuto il Sacramento dell’Eucaristia insieme ai loro genitori e alle loro catechiste.
L’idea di celebrare questo sacramento al venerdì sera, all’inizio ha creato un po’ di scetticismo, poi si è rivelato un grande evento, carico di solennità e forte concentrazione.
Le mamme che mettevano la veste bianca ai bambini e i papà che accendevano le candele dal cero pasquale e le consegnavano ai propri figli ci dicono che è in forza del battesimo che possiamo fare comunione con Gesù.
Il momento più toccante è stato proprio quando i ragazzi per la prima volta hanno ricevuto il Sacro Corpo di Cristo nell’Ostia consacrata.
“Nel segreto del pezzetto di pane,
tu mi raggiungi Signore.
Io lo guardo questo pezzetto di pane,
posato nel palmo della mia mano
e sento che racchiude l’immenso segreto”.
Quale segreto? L’amore di Dio Padre, l’amicizia e l’alleanza con lui per sempre. La comunione con Gesù è divenuta comunione tra di noi nella ricca e gustosa cena insieme che ha chiuso la serata in un clima di gioia e serenità.
La domenica successiva, i ragazzi hanno vissuto la festa della comunione durante la S. Messa delle 10, con amici e parenti. Il nostro augurio è che questa sia stata la prima di tante altre comunioni e che questi ragazzi possano vivere la gioia e la speranza che nascono dalla comunione con Gesù e tra di noi.
“Veniamo da te,
o Signore,
con il cuore pieno di gioia
ed insieme vogliamo ringraziarti”.
Un grande grazie a don Samuele, don Guglielmo, alle catechiste che hanno trasmesso la passione per Gesù e la sua Parola, ai nostri cari ragazzi e ai loro genitori.
Lilly Mastretta
“Dio è mio Padre e mi guarda
Dio è mio Padre e mi ama
Dio mi vuole con Lui per sempre”.
18 maggio
FESTA LITURGICA DI SAN L. MURIALDO |
Si è celebrata la Santa Messa solenne alle ore 18.00 presieduta dal Vescovo Mons. Paolo Mietto e dai nostri sacerdoti. Presenti pure don Angelo Catalano da Roma e don Antonio Carretta dalla vicina parrocchia San Curato D’Ars.
La consegna della nuova “regola” - leggermente rivista nell’ultimo Capitolo Generale della scorsa estate in Brasile - da parte del Vescovo ai nostri sacerdoti è stato uno dei momenti più emozionanti della celebrazione.
La nostra comunità ha avuto la gioia di incontrare ancora Mons. Mietto, che per 12 anni è stato Superiore Generale della Congregazione Giuseppina, ed è stato come ritrovare un vecchio amico al quale dire e ricordare insieme tante cose e dal quale ascoltare le sue ultime novità ed esperienze di Vescovo missionario nel Vicariato Apostolico del Napo.
Mons. Mietto ci ha parlato del problema vocazioni in Ecuador, il vicariato non può diventare diocesi perché mancano i sacerdoti diocesani locali e della situazione precaria che vige nel paese.
La nostra Parrocchia è molto legata alla missione del Napo; con alcune Quaresime di Fraternità abbiamo contribuito alla costruzione di una chiesa a Ahuano; tutti gli anni con il Rosario missionario nel mese di maggio, con iniziative e offerte, continuiamo a sostenerla.
Nell’estate del 2004 alcuni giovani sono anche andati ad animare le attività estive.
Mons. Mietto ha ringraziato il Signore per la sensibilità e lo spirito missionario che anima la nostra comunità e ha chiesto la nostra preghiera soprattutto per le vocazioni.
La serata si è conclusa con una ben riuscita cena insieme agli operatori Pastorali.
Concetta Ruta
conci.ruta@tiscali.it
“Quale futuro di speranza per i giovani di oggi?”
Ernesto Oliviero con la nostra Serena che lo scorso anno ha fatto l'esperienza di servizio al Sermig
Il SERMIG, Servizio Missionario Giovani, nasce nel 1964 grazie alla tenacia di Ernesto Olivero ed è animato da propositi molto ambiziosi: sconfiggere la fame e le grandi ingiustizie nel mondo. Anche se, a dire il vero, Ernesto scarica la responsabilità della fondazione sulla moglie Maria come si legge nel suo libro “Dio non guarda l’orologio”: A vent’anni conobbi Maria che poi divenne mia moglie. Pochi mesi prima che ci sposassimo mi disse: Ernesto fai parte di una decina di gruppi, lavori in banca. Come è possibile tirar su una famiglia? Scegline uno solo, poi verrò anch’io”.
E così non sapendo quale scegliere si vede “costretto” a fondarne uno nuovo.
La comunità fraterna di giovani, coppie di sposi, famiglie, monaci e monache che si è venuta via via formando attorno al SERMIG concretizza la sua attività con la creazione dell’Arsenale della Pace a Torino nel 1983, trasformando il vecchio arsenale militare in un monastero metropolitano aperto all’accoglienza 24 ore su 24. Nel 1996 nasce poi l’Arsenale della Speranza a San Paolo in Brasile e nel 2003 l’Arsenale dell’Incontro in Giordania e naturalmente i progetti non si fermano qui. I risultati sono lì da vedere: assistenza a migliaia di persone in difficoltà (stranieri, tossicodipendenti, malati di AIDS, alcolisti, mamme e bambini) - asilo notturno per più di 550.000 persone - formazione al lavoro - raccolta e spedizione di aiuti. E questo per limitarci alle attività “italiane”!
Il 12 maggio in parrocchia Murialdo abbiamo potuto incontrare l’anima di questo SERMIG cioè Ernesto Olivero. La personalità forte di Ernesto è apparsa subito evidente fin dalle prime battute del suo intervento, quando ci ha detto cose decisamente controcorrente rispetto a quelle che ci sentiamo solitamente ripetere in ambito ecclesiale, anche sugli argomenti di attualità come la famiglia, la convivenza, i giovani. Il concetto alla base di tutto è comunque quello che i cristiani devono vivere l’amore per poterlo comunicare agli altri, ma troppo spesso c’è uno “scarto” tra quello che i cristiani dovrebbero essere e quello che in effetti sono, tra le certezze sbandierate e quelle vissute. E i giovani, che hanno bisogno invece di incontrare testimoni che credano veramente in quello che predicano senza ipocrisie, percepiscono queste incertezze. E’ necessario proporre sempre la distinzione tra bene e male anche con severità (che non vuol dire cattiveria) senza l’arroganza, di sentirci migliori di altri, e senza fare “terrorismo” verso chi non ha le nostre idee.
Una frase che ho letto in questi giorni su un giornale diceva “Non dire NO ma fai NO” e mi sembra la miglior sintesi di tutta la serata.
Marinella Giannetti
FESTA ANNIVERSARI MATRIMONIO |
Nella nostra parrocchia nel mese di maggio tutti gli anni si festeggiano gli anniversari di matrimonio. Quest'anno eravamo ben 31 coppie a ricordare da 1 anno, su, su fino a ben 60 anni di vita insieme. I vari gesti e segni che hanno caratterizzato la celebrazione Eucaristica sono stati un mezzo per riaffermare la bellezza del progetto di Dio che, tramite l'unione d'amore di un uomo e una donna ha voluto rendere visibile e concreto il suo amore fedele, forte, eterno per tutti noi.
E' stato anche un modo bello per ricordare a tutti che il “si”, detto nel giorno del matrimonio, non basta per rendere una coppia stabile, resistente a tutte le bufere e alle fatiche della quotidianità, ma che va riconfermato tutti i giorni chiedendo per questo il sostegno alla fonte dell'Amore e cioè a Dio. Soprattutto in una società come la nostra in cui i messaggi predominanti sono quelli della precarietà e dell'“usa e getta” anche dei sentimenti credo sia importante per una comunità cristiana ribadire a gran voce che crediamo nella indissolubilità del matrimonio come strada di felicità pensata da Dio per l'uomo.
Grazie Signore per i miei 25 anni di matrimonio e grazie per tutte le coppie, a partire dai miei genitori, che sono state per me esempio di amore gioioso, generoso, fedele, umile, eterno.
Annamria Cereda
Giornata Parrocchiale dell’Ammalato |
“Non abbiamo che una cosa da fare nella vita cristiana: aggrapparci alla persona del Salvatore. Egli viene a curarci da ogni malattia e infermità”.
È questo il messaggio che ci ha fatto sentire un’unica famiglia di fronte a Gesù Eucaristia durante la Giornata parrocchiale dell’Ammalato, il 19 maggio 2007.
Dopo essere passati a prendere alcune persone che erano impossibilitate a venire da sole, abbiamo partecipato alla Messa durante la quale don Alberto ha amministrato l’Unzione degli Infermi a 25 anziani, segno di un particolare dono dello Spirito.
Finita la celebrazione abbiamo accompagnato i nostri amici in sala Murialdo per un momento di festa, insieme ai sacerdoti, i Ministri della Comunione e gli “Amici dei Malati”.
Il nostro obiettivo?
Far capire alle persone anziane e ammalate che nella sofferenza, nella malattia, nella solitudine ci sarà sempre il nostro affetto, una parola di conforto, un gesto di amicizia e ricordare sempre loro che “dobbiamo fidarci di Dio, convinti che egli ha maggior cura di noi che noi stessi” (Murialdo).
Daniela Ivan
JOHANN SEBASTIAN BACH
"La cattedrale della musica"
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Bach: un nome che incute rispetto, timore, come potrebbe essere l'apparire improvviso di una cattedrale sul nostro cammino. Infatti, di questa ipotetica cattedrale, noi abbiamo una struttura musicale così perfetta da toccare l'assoluto: egli rivoluzionò il Settecento, venne scoperto solo nell'Ottocento, pur avendo goduto in vita di una giusta e meritata fama, dovuta, oltre che alla innegabile grandezza artistica, anche ad uno spirito curioso e innovatore che gli permise di sperimentare novità squisitamente tecniche in campo strumentale e musicale.
Il grande Sebastian nacque ad Eisenach, in Germania, il 21 marzo 1685 ed è emblematico che proprio quel giorno inizi la primavera, perché per il mondo occidentale (e non solo) la musica di Bach rappresenta un'eterna primavera che non accenna minimamente a spegnersi, ma addirittura rappresenta il veicolo indispensabile per il lungo viaggio nell'universo musicale di chi affronta la conoscenza di questa meravigliosa arte.
Bach rappresenta un fenomeno generazionale forse unico nella storia: è difatti figlio e nipote di musicisti per più di cinque generazioni e dà a sua volta vita a musicisti che portano il suo nome, rimanendo comunque la pietra più preziosa della sua famiglia.
Egli era rimasto orfano giovanissimo e aveva dovuto affrontare subito i problemi della vita; la sua vita non offre molti aneddoti, se non quello raccontato da uno dei suoi figli, Carl Philipp Emanuel, che risale al 1754, dopo la morte del padre e che testimonia la passione del piccolo Johann Sebastian per la musica già nei primi anni di vita.
Egli, da bambino, sapeva suonare alla perfezione tutti i brani che suo fratello maggiore gli aveva insegnato; gli era stato proibito, però, di eseguire i pezzi per clavicembalo dei grandi maestri del tempo, tra cui Pachelbel, contenuti in un libro tenuto in un armadio chiuso da una griglia.
Infilando le piccole mani nella griglia, Bach era riuscito a raggiungere l'interno dell'armadio, arrotolare il libro e ad estrarlo, cosicché di notte, quando tutti dormivano, gli fu possibile copiarlo, al chiarore della luna.
Nell'arco di sei mesi, quel grande bagaglio musicale era completamente nelle sue mani.
Purtroppo, suo fratello se ne accorse e glielo sequestrò, ma ormai era chiaro che quel libro, che conteneva insegnamenti troppo elevati per un bambino, non possedeva segreti per un genio come lui! Il resto della sua vita è storia risaputa: egli fu organista, ma anche organaro, cioè collaudatore di organi, insegnante di musica, violinista nell'orchestra da camera del duca di Weimar, maestro di cappella a Lipsia, compositore della Reale Corte di Dresda, direttore del Collegium Musicum.
Ebbe due mogli, una ventina di figli e morì nel 1750, quasi completamente cieco, dopo essere stato curato e operato di cataratta dall'incompetente Dottor Taylor, lo stesso oculista che aveva curato un altro celebre musicista, Georg Friedrich Haendel, purtroppo con gli stessi squallidi risultati.
Bach era un grande fumatore di pipa e, nel secondo volume del "Clavicembalo ben temperato" volle scrivere una poesia intitolata "Pensieri edificanti di un fumatore di tabacco", nella quale compare: "Come me, questa pipa che brucia così fragrante è fatta di nulla, tranne terra e argilla, alla terra anch'io ritornerò: in serbo per me è un destino simile. Sulla terra, per mare, a casa, all’estero, fumo la mia pipa e adoro Dio".
E' bello ricordare che il nostro pontefice, Papa Ratzinger, grande amante della musica classica ed egli stesso pianista, si sia pronunciato non solo a favore della musica, ma anche di Bach e delle sue composizioni organistiche.
Egli ha detto che solo il linguaggio dei suoni è capace di toccare il cuore dell'uomo e innalzarlo a contemplare il volto del Creatore e, a proposito di Bach, che la sua musica è "Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza". Inoltre, chi ascolta Bach "sa che la fede è vera”.
E ancora: "la musica e il canto sono più di un abbellimento del culto; essi sono Liturgia. Una solenne musica sacra con coro, organo, orchestra e canto del popolo, non è un 'aggiunta che incornicia la Liturgia, bensì un modo importante di partecipazione attiva al'evento del culto”.
Il nostro pontefice, poi, ha anche parole di elogio per l'organo, definendolo "uno strumento superiore a tutti gli altri. Esso è in grado di dare risonanza a tutti gli ambiti dell'esistenza umana: le molteplici possibilità dell'organo ci ricordano l'immensità e la magnificenza di Dio".
Come non essere d'accordo con colui che, oltre a guidare la Chiesa, possiede un'anima così musicale da esprimersi nei suoi interventi in campo teologico-pastorale prendendo spunto dal linguaggio musicale?
Chiara Ciavarella
In via CASCINA
CORBA
Motivi legati a un diverso utilizzo delle risorse, sempre più esigue in conseguenza della crisi delle vocazioni, costringe le Apostole del Sacro Cuore di Gesù, le suore di Via Cascina Corba, a una scelta obbligata: ci lasciano dopo cinquant’anni di presenza e apostolato al Lorenteggio.
La Congregazione religiosa, fondata dalla Serva di Dio M. Clelia Merloni a Viareggio, nel 1894, è attiva con quasi 200 opere in Europa, nelle Americhe e in Africa. Per quel che riguarda la nostra Milano, la loro presenza porta la data del 1932. In quell’anno costituiscono un sodalizio, destinato a durare sino a oggi, con una prestigiosa associazione laica femminile, di volontariato ante litteram, quella della “Commissione Visitatrici per la Maternità”, costituitasi una decina d’anni prima presso la Clinica Mangiagalli con lo scopo di “…offrire un doveroso e fraterno aiuto alle puerpere madri, ai bambini ed alle ammalate...”.
L’associazione ottiene dal Comune di Milano degli spazi alla “Senavra”, in Corso XXII Marzo, un vasto complesso utilizzato sin dal Diciottesimo secolo per attività assistenziali, ospedaliere e di ricovero per anziani e indigenti. Le Visitatrici si occupano essenzialmente del riadattamento della struttura, grazie ai proventi che giungono da donazioni, mentre le suore forniscono l’indispensabile apporto organizzativo, specialistico e professionale.
Sono gli anni dell’impegno più duro, attraverso le povertà ancora presenti in una Milano proiettata a diventare metropoli, gli orrori della guerra, i difficili momenti post bellici, sino alla ricostruzione.
Nel 1954 si ha il coronamento di un sogno: la realizzazione di una nuova struttura più adatta agli scopi della Senavra, che tra l’altro pochi anni dopo sarà demolita per fare posto alla Parrocchia del Preziosissimo Sangue di Gesù.
Le Visitatrici per la Maternità, grazie a lasciti, acquisiscono un terreno al Lorenteggio, in Via Inganni 36 (non c’era ancora l’attuale numerazione civica al numero 97 di Via Cascina Corba), dove sorgerà, su progetto dell’Architetto Zanuso, l’edificio grigio-azzurro, 3.000 mq coperti più un giardino di 1.500, che ancor oggi vediamo con la scritta Casa Materna Asili Nido Ada Bolchini Dell’Acqua.
L’inaugurazione avviene il 7 maggio 1956, alla presenza dell’Arcivescovo di Milano e futuro Papa Paolo VI, Giovanni Battista Montini, e del sindaco di Milano Ferrari. Inizia così l’attività presente ancor oggi: un nido da 90 posti, una scuola materna con 3 sezioni per un totale di 75 alunni, una comunità alloggio per mamme e bambini.
È giusto passato mezzo secolo, e le suore ci lasciano.
Ci mancherà la loro preziosa opera, educativa e in favore della maternità e l’infanzia. Ma anche quella nella comunità, in Parrocchia, con l’animazione liturgica, nelle varie attività, nell’assistenza morale e materiale ai sofferenti, agli anziani, presso la Fondazione Biffi.
Sempre nel carisma della Congregazione: vivere e diffondere l’amore al Sacro Cuore di Gesù, attraverso le opere di carità.
Gianni Ragazzi
gianni.ragazzi@iol.it
Nota: Le suore ci lasciano il prossimo 31 luglio; tuttavia l’attività della Casa Materna proseguirà regolarmente anche in futuro, con la presenza di un altro Ordine Religioso, quello del Santo Natale di Torino. Ne riparleremo a settembre.
Carissimi amici,
sabato 19 maggio, la nostra “Associazione Ex Oratoriani don Mario Bevini” ha incontrato l’Assistente Nazionale A.A.A., p. Angelo Catalano, che ha illustrato le “novità” riguardanti la Congregazione dei Giuseppini, a seguito dell’unificazione delle tre province religiose d’Italia, con un solo Padre Provinciale, don Tullio Locatelli, che risiede a Roma.
Questo fatto ha comportato una unificazione di tanti organismi, compresa l’Associazione “Amici ed Ex Allievi (A.A.A.)” che ora è a livello nazionale.
L’Associazione Ex Oratoriali di Milano, partecipe del carisma Giuseppino, fa parte della “Famiglia del Murialdo” ne condivide lo spirito e il cammino di formazione.
Il nostro gruppo, fortemente affezionato al suo titolo di Ex Oratoriani, ne ribadisce la peculiarità e l’identità, senza per questo restare estraneo al cammino e agli obiettivi che vengono proposti a livello caritativo e di promozione umana dei giovani.
Il Gruppo Promotore
Don Pierangelo, dopo un mese di riposo in famiglia, è ripartito il 24 maggio per Bissau.
Ci ha portato alcune foto dei bambini sostenuti con le offerte in memoria di Luciana e Mariella.
Gli amici della filo-sophia |
Durante una delle lezioni di filosofia tenute ai miei allievi, uno di loro alza la mano e, interpellato, chiede: “i filosofi dicono tutti cose diverse, ma chi ha ragione? Chi dobbiamo ascoltare?”. La risposta è stata più o meno la seguente: “Nessuno. Siete voi che dovete trovare le risposte alle domande che i filosofi, poiché uomini, si sono posti”.
Kant (1724-1804), alla domanda “Cos’è l’illuminismo?”, rispondeva così: ”Illuminismo è l’uscita dell’uomo dalla minorità di cui è egli stesso colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità quando la sua causa [stia] […] nella mancanza di decisione e di coraggio [nel servirsene]. Abbi il coraggio di usare il tuo proprio intelletto! Questa è dunque la parola d’ordine dell’illuminismo”. Egli si augurava che tutti gli uomini fossero autonomi, ossia capaci di pensare con la propria testa. La sua fede smisurata nella ragione, da lui considerata, tuttavia, oltremodo limitata, gli faceva sostenere il suo insostituibile ruolo nella vita di ciascuno. Egli, infatti, la intendeva la possibilità di ricerca di una personale risposta alle domande che egli reputava imprescindibili per l’uomo; che sono: “Come devo vivere? Cosa è giusto fare”?
In questa prospettiva Kant sosteneva che l’adesione ad un credo qualunque fosse legittima, purché la legge morale da costui seguita fosse inscritta nel suo intimo e non gli giungesse da una fonte, o da una ragione, esterna/estranea. Ossia sosteneva che l’accettazione delle norme che appartengono a ciascun culto non dovesse essere una mera accettazione formale, ma dovesse essere consapevole e sanamente critica. Egli cita a tal proposito (giudicate voi se correttamente oppure no) San Paolo, nello specifico in riferimento alla lettere ai Galati, ove è scritto: “Quelli tra voi che pensano di salvarsi perché ubbidiscono alla legge sono separati da Cristo, sono privati della Grazia; noi invece siamo guidati dallo Spirito di Dio, e per mezzo della fede, viviamo nella continua attesa di ricevere la salvezza. Quando infatti siamo uniti a Cristo Gesù non conta nulla essere circoncisi o non esserlo. Conta solo la fede che agisce per mezzo dell’amore”. (Galati 5, 4-6). E Kant per il quale, senza libertà, non vi sarebbe legge morale e, secondo cui, la stessa esistenza di Dio è un postulato, un assioma della moralità, ribadiva che la finalità di un’educazione autenticamente morale fosse il recupero di quel “germe del bene” che la Sacra Scrittura ci presenta come la condizione dell’uomo prima della caduta.
Cristo, per il filosofo, è un modello, anzi il modello, non perché ha compiuto miracoli, ma perché le sue azioni sono state quelle di un uomo che ascoltava la propria ragione e agiva seguendola divenendo in tal modo “uomo gradito a Dio”. Comportamento che, concludeva Kant, ogni uomo può tenere.
La salvezza, allora, si otterrebbe grazie al passaggio dall’intenzione corrotta a quella buona, passaggio che richiede la crocifissione della carne cioè l’accettazione di una lunga serie di mali per semplice amore del Bene e come occasioni di esercizio della propria buona condotta. Il Sommo Bene morale, scriverà Kant nell’Analitica dei Principi, non è realizzabile mediante lo “sforzo isolato della persona singola impegnata nella propria perfezione morale, ma esige un’associazione di persone in un tutto per tendere allo stesso fine, o un sistema di uomini dalla retta intenzione. […] [questa] repubblica universale retta secondo le leggi della virtù” per il filosofo è definibile come Stato Etico.
[continua…]
Valentina Caleca
22 maggio: Incontro con padre Bartolomeo Sorge
20 Maggio: FESTA PATRONALE
A sinistra: Scout in festa per il centenario della fondazione
A destra: Ludoteca
A sinistra: Pesca di beneficenza
A destra: Il gruppo canto
Giochi in oratorio
Altare stile scout nel cortile dell’oratorio
“spazio bimbi”
Festa tra i popoli 2007
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